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Channel: Bioedilizia in Italia: progetti italiani di architetture ecosostenibili
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L’ asilo in legno a misura di bambino

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Nell’ambito della trasformazione urbana dell’ex area fieristica di Milano, è stato indetto un concorso per la realizzazione di un asilo nido, attento alle esigenze dei bambini e dell’ambiente. La competizione, rivolta agli architetti under 35, e riservata ai vincitori delle precedenti edizioni del concorso AAArchitetticercasi, ha visto lo studio milanese 02ARCH aggiudicarsi il primo premio con un progetto che pone al centro dell’edificio il benessere del bambino e il rapporto con l’ambiente.

L’asilo di Mario Cucinella: l’Emilia riparte dai bambini

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IL BANDO

Il bando del concorso definiva chiaramente gli aspetti chiave che i progetti dovevano rispettare, punti che evidenziavano il carattere ecosostenibile e naturale dell’edificio.
L’asilo doveva essere in grado di ospitare 72 bambini da 0 a 3 anni, rispettando le principali metodologie pedagogiche, oltre a risultare funzionale e confortevole per i piccoli ospiti.

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asilo-citylife-milano-cImportanza rilevante è stata data al rapporto con l’ambiente, data la collocazione del progetto, all’interno del grande parco pubblico di Citylife, adiacente a piazzale Arduino. L’asilo doveva essere realizzato in legno, rispondendo ai criteri di sostenibilità innovazione per quanto riguarda materiali e tecnologie impiantistiche.

L’edificio verrà poi collegato alla rete di teleriscaldamento già prevista per Citylife che sfrutta un sistema di distribuzione di acqua calda proveniente da fonti rinnovabili.

IL PROGETTO

Si chiama “Baby–life”, un riferimento alla “city” in cui si colloca e ai suoi “baby” ospiti.
È il progetto vincitore proposto dallo studio 02ARCH per l’area di Citylife e che ha visto la collaborazione non solo dei progettisti, Ettore Bergamasco e Andrea Starr–Stabile, ma anche di un vero e proprio team di esperti, come una psicologa infantile ed un sociologo, atti ad indirizzare le scelte architettoniche verso una maggior funzionalità e comfort per i piccoli fruitori.

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La giuria del concorso, composta daEnnio Brion, Alessandro Maggioni (Federabitazione Lombardia–Confcooperative), Luca Larosa (Comune di Milano), Susanna Mantovani (Università di Milano Bicocca) e Roberto Russo (CityLife) si è così espressa in merito a “Baby–life”: “Il progetto presentato da 02ARCH si è distinto in modo particolare per l’originalità dello stile architettonico, in grado di dialogare con l’area semantica e funzionale legata alla prima infanzia. La proposta progettuale conserva una sorta di “creativa semplicità” nel linguaggio compositivo, adottando quale modello ordinatore la scomposizione di un volume compatto in diverse aree funzionali sotto forma di “casette” essenziali. Questa scelta rende possibile la modularità degli spazi e una grande flessibilità, a beneficio delle future esigenze funzionali e di progettazione educativa. Le implicazioni ambientali della struttura, in termini di sostenibilità e di innovazione, sono state accuratamente sviluppate cogliendo appieno lo spirito del bando di gara al punto da orientare la progettazione verso una certificazione Leed di livello Platinum”.

Il verde circostante, le funzioni e i flussi determinano la planimetria dell’edificio, che si inserisce in modo discreto e rispettoso all’interno del grande parco. Il complesso è caratterizzato da piccole casette con prospetti semplici e facilmente riconducibili dai bambini alla classica sagoma della casa, tutte affaccianti su un ampio atrio centrale, dal quale si sviluppano le principali funzioni. L’obbiettivo è quello di creare una sequenza armoniosa di spazi facilmente utilizzabili ma anche suggestivi, che possano stimolare la fantasia del bambino, oltre ad offrire una qualità di vita superiore, più attenta all’ambiente e alle risorse.

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Il parco esterno protetto, di 3000 mq, consente numerose attività all’aperto, che uniscono gioco e movimento, oltre a consentire ai bimbi di apprezzare i ritmi della natura.
Le casette, realizzate in legno, sono disposte secondo le regole della bioclimatica, come orientamento, luce naturale ed esposizione. Esse sfruttano l’energia fornita dal teleriscaldamento, collegandovi pannelli radianti e fotovoltaici. L’acqua piovana viene raccolta e riutilizzata e tutti i materiali costruttivi utilizzati sono certificati, di provenienza locale e riciclabili, rispettando così i piccoli ospiti e il loro ambiente.

Molto soddisfatto il vicesindaco De Cesaris, che così commenta il progetto vincitore “Sono particolarmente contenta di questo intervento. Un team di esperti e di giovani architetti under 35 ha presentato un lavoro molto interessante, guardando con attenzione alle esigenze dei bambini e dell’ambiente, alla pedagogia e all’ecosostenibilità. L’asilo nido per il quartiere di CityLife è un altro tassello degli interventi sulle opere pubbliche nel segno della qualità e del rispetto dei tempi. L’obiettivo è fare sì che la parte privata cammini parallelamente alle opere pubbliche”.
La realizzazione è prevista entro il 2016.


La figura dell'architetto. Da Loos ai giorni nostri

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È pratica piuttosto usuale tra i giovani architetti l’inviare senza sosta curricula agli studi professionali, prestandosi come disegnatori CAD, modellatori 3D, elemosinando qualunque tipo di lavoretto affine alle nostre competenze. È però evidente che queste prassi non siano risolutive per le problematiche connesse alla nostra attività lavorativa, nonché al futuro della professione, che non dovrebbe mai dimenticarsi dell’importante ruolo sociale che riveste. Noi per primi, nuovie/o futuri architetti, dobbiamo esser consapevoli dell’indirizzo da dare all’architettura e, di conseguenza, al ruolo che le compete nella società. Adolf Loos (1870–1933), architetto austriaco ed uno tra i pionieri dell’architettura moderna, è stato autore di alcuni fondamentali saggi e molti dei suoi scritti sono ancora oltremodo attuali e possono offrire importanti spunti sui quali riflettere, come lo scritto “I nostri giovani architetti”, tratto da Ver Sacrum, 7, 1898 e pubblicato su “La civiltà occidentale – Das Andere e altri scritti”, (Zanichelli Editore, 1981, pp.61–62).

Renzo Piano e l’ode agli architetti timidi

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I NOSTRI GIOVANI ARCHITETTI

L’architettura è ancora un’arte? Si sarebbe tentati di negarlo. L’architetto non ha né fra gli artisti né fra il pubblico la fama di autentico operatore artistico. Il più insignificante dei pittori, il più limitato degli scultori, il più scadente dei teatranti e il più sprovveduto dei compositori si attribuiscono con autorità il titolo di artisti, e tutti approvano senza batter ciglio. Ma l’architetto deve aver già fatto cose egregie, prima di essere annoverato tra le file degli artisti.

Due fattori hanno contribuito a scalzare il prestigio dell’architetto. In primo luogo lo Stato, poi gli stessi architetti. Lo Stato ha introdotto gli esami negli Istituti tecnici, e adesso chiunque si crede autorizzato, dopo aver superato l’esame, a fregiarsi del nome di architetto come se fosse un semplice titolo. Questa farsa è giunta al punto di chiedere al governo di tutelare legalmente il titolo di architetto riservandolo a chi ha sostenuto l’esame di costruzioni presso un Istituto tecnico superiore.

Già il fatto che tutta la Vienna colta non sia scoppiata in una grande, fragorosa risata dimostra a sufficienza come a causa di quegli esami si sia ormai fatta strada l’opinione che l’architettura è una cosa che si può imparare a memoria, e che basta esibire un diploma per garantire una competenza in materia. Ma si provi un po’ ad applicare lo stesso criterio alla musica. La composizione musicale, così affine alla creazione architettonica, dovrebbe allora essere permessa solo a coloro che abbiano superato il relativo esame presso un Conservatorio. Il che apparirebbe subito ridicolo, dal momento che la musica è ancora unanimemente considerata un’arte pura.

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Per i veri artisti, i motivi addotti in proposito dagli smaniosi di titoli delle scuole tecniche sono del tutto irrilevanti. “Adesso qualsiasi manovale può farsi chiamare architetto”. E perché no, se lui è contento? Verrebbe forse offuscata la gloria di Beethoven o di Wagner se gli autori di couplets venissero chiamati compositori? Verrebbero forse sminuiti Lenbach e Menzel se qualsiasi imbianchino si attribuisse il titolo di pittore? No di certo. Ma che brutta figura avrebbero fatto entrambi, se in circostanze simili avessero preteso il contrassegno governativo sulle loro opere pittoriche! È una pretesa del tutto assurda.

Ma più ancora degli esami di Stato, sono stati gli architetti a nuocere a se stessi. Si sono degradati e la gente si è adattata. La maggior parte dei nostri giovani architetti, nonostante il titolo di cui si fregiano, nonostante la loro abilità artistica, sono soltanto dei disegnatori per l’edilizia. Per un misero stipendio mensile, simile a quello di un impiegato di commercio non particolarmente capace, si mettono al servizio di imprenditori, di costruttori e di architetti, ritenendolo l’unico sistema per poi mettersi in proprio. Anche l’orario di lavoro è quello dei lavoratori del commercio. È indifferente a questi “architetti” che le loro opinioni artistiche concordino o meno con quelle dei loro datori di lavoro. Anzi, la maggior parte di loro non ne ha affatto. Oggi lavorano in gotico, mentre lo stile rinascimento italiano dell’ufficio accanto appare loro come il non plus ultra. Dicono sempre di si. Ma quando si ritrovano coi loro colleghi di fede prendono bellamente in giro il loro capo – ecco come ci si comporta in termini mercantili già fra architetti – e credono di fare chissà che cosa quando si scagliano contro le vecchie usanze. E il giorno dopo, alle otto precise, sono già di nuovo freschi al lavoro.

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Se la nostra nuova generazione di artisti avesse anche il coraggio morale di esprimere con ostinata fierezza le proprie opinioni contro tutte le tentazioni finanziarie, allora la nostra arte potrebbe affrontare il futuro con maggiori speranze. Guardate i vostri colleghi della pittura, della scultura, della musica. Se dipendesse dalla loro arte, essi morirebbero di fame e di miseria. E questo deve saperlo chi vuole fregiarsi del più bel titolo che il popolo possa conferirgli: il titolo di artista!

I am recycled: l’edificio orgoglioso di essere riciclato

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“I am recycled” è un edificio industriale di Arrasate (Paesi Baschi, Spagna), progettato dagli architetti dello studio madrileno PKMN. L’edificio, costruito nel 1928, era parte di un impianto siderurgico. Grazie al rinnovamento della struttura, il manufatto potrà avere nuova vita e uscire dallo stato di abbandono in cui versa: sarà utilizzato come centro di riciclaggio, gestione e preparazione di materiali di recupero e laboratorio per oggetti di seconda mano di oltre 2 mila metri quadrati.

Il centro di riciclaggio in Costa Rica per educare e gestire il problema dei rifiuti

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È stato denominato dai progettisti “Io sono riciclato” per sottolineare l’importanza dell’azione di trasformazione. L’intervento è stato reso possibile tramite il recupero e il rinforzo strutturale del calcestruzzo, lasciando evidenti le preesistenze industriali.

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Il cambiamento è iniziato dalla disposizione delle nuove destinazioni d’uso, minimizzando la previsione di interventi dal punto di vista costruttivo, limitandosi al consolidamento delle pareti strutturali ed esterne, adeguando alcuni elementi architettonici ai regolamenti attuali. Quindi, è stata impressa sull’edificio una super grafica, riconoscibile, puntando sul colore verde come riferimento aziendale associato alla sostenibilità e riciclo. Sulla facciata di “I am recycled” campeggia, come un grande francobollo, il tipico logo di riciclo–riuso, che lo contrassegna suggerendo all’osservatore: “Sono un edificio riciclato”.

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All’interno, la grafica aiuta a distinguere le aree commerciali: zone di vendita possono essere riconosciute perché il cromatismo delle superfici che ospitano gli oggetti sono quelle della vecchia fabbrica, fino a due metri di altezza partendo dal livello del pavimento, rendendo gli oggetti riciclati in vendita i veri protagonisti.

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Da 2 metri di altezza fino al soffitto il colore verde copre tutto, in netto contrasto con gli elementi della vecchia industria dell’acciaio, come la griglia in cemento armato e vecchi tubi di scarico precedentemente utilizzato per macchine da taglio.

Si costruirà poi “un edificio all’interno di un edificio”, basato su elementi prefabbricati che ricordano strutture a serra. Queste mini–celle che conterranno attività quali uffici, aule e spazi collettivi, saranno inserite all’interno dei volumi principali esistenti dedicati allo stoccaggio e alla vendita.

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Questa scelta di “costruire nel costruito” permette di contenere l’impiego di risorse materiali in linea con la filosofia low–cost dell’azienda che punta alla responsabilità ambientale e sociale per il risparmio energetico.

Il recupero della casa sul Monte del prete

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A Ispra – Varese – sul Monte detto “del prete” affacciato verso il lago di Varese, un modesto edificio rurale abbandonato da tempo e ridotto a rudere, ormai destinato al perenne oblio, è stato recuperato e trasformato in abitazione. Tutto ciò che sembrava ormai irrecuperabile e insanabile è stato sfruttato dai progettisti dello studio Albori per creare un luogo accogliente e privilegiato per osservare il passaggio delle stagioni.

Da fienile ad abitazione: la soprendente trasformazione sulle Dolomiti

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Il volume della casa sul Monte del prete è un semplice parallelepipedo a base rettangolare sormontato da un tetto a doppio spiovente. Prima dell’intervento erano rimasti in piedi tre muri perimetrali in pietra, mentre il quarto lato era crollato ad eccezione del pilastro che sorreggeva quello che rimaneva della copertura.

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La Commissione Edilizia locale ha imposto il rifacimento del lato mancante mantenendo la tipologia degli edifici agricoli della zona nei quali la porzione di edificio inferiore appare “pesante”, mentre la porzione superiore appare “leggera”. Questo vincolo ha guidato le scelte progettuali stimolando la ricerca di soluzioni integrabili con il manufatto esistente.

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La casa è disposta su due livelli: al piano terra è situata la zona notte con due ampie camere da letto e un bagno, mentre al livello superiore sono collocati il soggiorno e la cucina. In questo modo il basamento della casa non necessita di grandi aperture finestrate e risulta così opaco, mentre il primo piano è invaso dalla luce poiché un intero lato è trasparente. Infatti, il prospetto costruito ex novo è costituito da una doppia parete: un muro in mattoni Poroton è celato da una struttura in legno che è stata messa in opera in modo da creare al piano terra delle nicchie per accatastare la legna e al livello superiore un telaio per realizzare un frangisole. È stato così possibile schermare dal sole la porzione di facciata interamente vetrata attraverso l’inserimento di una serie di rami e tronchetti di robinia disposti orizzontalmente e raccolti nel bosco limitrofo.

Un balcone in legno è stato inserito sul prospetto che si affaccia verso il lago. La complessa struttura di sostegno permette di utilizzare il riparo creato dall’aggetto orizzontale per il ricovero della legna e sfrutta uno squarcio esistente presente nel muro in pietra.

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A lato dell’abitazione era posizionata una piccola e bassa costruzione, utilizzata forse un tempo come ricovero per animali, della quale rimaneva soltanto il perimetro delle mura in pietra: questo manufatto è stato trasformato in vasca per la raccolta dell’acqua piovana che viene convogliata dal tetto. A prima vista sembra una semplice pozza d’acqua decorativa, invece un condotto collega la piscina ad una cisterna posta sotto il livello del terreno che mantiene l’altezza del liquido costante. L’acqua viene poi sfruttata per irrigare il giardino.

La prima CasaClima in Sicilia

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È stato inaugurato a Marzo il primo edificio certificato CasaClima nella Regione Sicilia. La residenza unifamiliare si trova nel paese di Mascalucia, a 600 m di altitudine sul versante meridionale dell’Etna, in zona climatica C. L’abitazione è stata realizzata seguendo i protocolli CasaClima Gold e Passivhaus ed è la prima nel suo genere in Sicilia. È un progetto pilota che fa parte del più ampio PassREg, Passive House Regions with Renovable Energies, progetto europeo volto a incentivare la diffusione degli edifici a energia quasi zero sul territorio.

Casaclima Awards 2013: il progetto vincitore è Villa Gioia in Puglia

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L’edificio siciliano, che prende anche il nome di “progetto Botticelli” per l’ubicazione nell’omonima via, è stato progettato dall’ing. Carmelo Sapienza, consulente energetico CasaClima, e dall’arch. Pina Giovanna Capace.
Con un attenta progettazione si è quindi raggiunto l’indice di prestazione termica di appena 5 kWh/mqa ed la classificazione di edificio a zero emissioni, con un efficienza complessiva di – 33 Kg di CO2/mqa.

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CARATTERISTICHE: L’INVOLUCRO

Lo studio dell’abitazione comincia dalla sua posizione e dal suo orientamento: l’edificio è orientato sui 45 gradi sud–est, per ottimizzare gli apporti solari gratuiti e sfruttare la direzione dei venti dominanti in quella zona.

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L’involucro è caratterizzato da una spessa parete perimetrale in laterizio porizzato di 30cm, rivestita sull’esterno con un cappotto in lana di roccia di 20cm. La copertura inclinata, realizzata con un solaio in calcestruzzo è rivestita con 14+14cm di lana di roccia.

La struttura perimetrale così massiccia garantisce valori ottimali di sfasamento e smorzamento dell’onda di calore (12 ore di smorzamento garantiscono che l’onda di calore entri all’interno dell’abitazione nelle ore notturne, più fresche e maggiormente ventilate).
È stato poi scelto il colore bianco di pareti e copertura in modo da riflettere, soprattutto nel periodo estivo molto caldo, più del 70% della radiazione solare incidente. Per la soluzione dei ponti termici esistenti è stato utilizzato del calcestruzzo alveolare autoclavato, posto a risolvere le discontinuità.

I serramenti ad alte prestazioni termiche ed acustiche sono monoblocchi che ospitano in sè anche il sistema di oscuramento e la zanzariera.

CARATTERISTICHE: GLI IMPIANTI

L’intero sistema di raffrescamento e riscaldamento è ad aria: l’impianto di ventilazione è costituito da 9 bocchette di aspirazione e 9 di immissione con una prestazione di 350mc/h.
La pompa di calore ad aria sfrutta il preriscaldamento invernale e il preraffreddamento estivo dell’aria che passa in tubazioni sotterranee, e che quindi resta ad una temperatura costante di circa 14°C.

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L’abitazione sfrutta poi un impianto fotovoltaico di 8KWp posto in copertura che copre totalmente il fabbisogno elettrico dell’edificio e che consente anche l’asportazione dell’energia in esubero nella rete nazionale.

Sempre in copertura vi è il solare termico che copre il fabbisogno di acqua calda sanitaria. A controllo e gestione del complesso sistema–edificio è un sistema di domotica avanzata che, rilevando costantemente i dati climatici e le prestazioni dell’edificio, controlla il funzionamento di tutti questi impianti.

La tecnica in balle di paglia portanti. Un workshop per imparare sul campo

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Preparate cazzuola, guanti e caschetto! Dall’8 al 14 settembre si terrà il workshop “La tecnica in balle di paglia portanti”, per imparare, direttamente sul campo, a realizzare costruzioni in paglia. Sporcandosi le mani, una balla dopo l’altra, sarete chiamati a realizzare dei piccoli edifici all’interno di un’azienda agicola. Un piccolo tassello per un progetto più ambizioso: Fattoria 42, organizzato da Beyond Architecture Group per realizzare, workshop dopo workshop (20 in totale), l’intera azienda agricola, con materiali naturali e sperimentali. Composta da una residenza, un laboratorio per la produzione e degustazione di prodotti agricoli, delle stalle per la fattoria didattica, una serra e una biopiscina, quest’azienda sarà autocostruita da centinaia di persone.

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Nello specifico, il workshop della seconda settimana di Settembre è dedicato alla realizzazione di 5 stalle in balle di paglia portanti. Grazie ai tutor, tutti esperti del settore, ai partecipanti sarà insegnato, ed illustrato praticamente, come predisporre le fondazioni dei muri e le stesse balle di paglia, da sagomare e comprimere per aumentarne la resistenza. I partecipanti, al termine del workshop, saranno anche in grado di eseguire l’intonacatura di un edificio in balle di paglia e tutte quelle operazioni che mettano la struttura in sicurezza e, ovviamente che la rendano un posto piacevole da vivere.

Il cantiere si trova vicino al borgo medioevale di Toffia, in una splendida valle della Sabina, a circa 40 km a nord–est di Roma. I partecipanti, provenienti da tutto il mondo, vivranno e lavoreranno in una valle incontaminata. Sulle rive di un torrente, un prato verde diventa l’area campeggio per ospitare i partecipanti e una location perfetta per riunirsi intorno ad un fuoco la sera.

Scarica il programma del workshop ed i dettagli per l’iscrizione

Il vecchio fabbricato rurale diventa villa gentilizia

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In Sicilia tra i monti Iblei a nord di Ragusa sull’altopiano collinare che si affaccia sul mar mediterraneo i resti di alcuni fabbricati rurali destinati al ricovero del bestiame sono stati riadattati e trasformati in villa gentilizia. L’architetto Francesco Nicita si è lasciato ispirare dal luogo a vocazione rurale, dalle tracce delle antiche costruzioni trovate sul lotto e da alcuni elementi tipici come la corte principale, gli orti conclusi e i giardini formali.

CASA TALÌA: RESTAURO E SLOW LIVING IN SICILIA  

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L’abitazione è costituita da diversi fabbricati disposti su di un lotto a forma di L delimitato dai tipici muri a secco in pietra calcare che identificano il paesaggio agricolo circostante. Il volume principale della villa è formato da due costruzioni gemelle affiancate, un tempo entrambe adibite a stalla. La prima delle due è il risultato della ristrutturazione dell’esistente, mentre quella adiacente è un’edificazione ex novo sul sedime della stalla ormai irrecuperabile.

caption:© Jaipeg lab

caption:A sinistra, © Jaipeg lab; a destra © Francesco Nicita

La tipologia del parallelepipedo sormontato da un tetto a doppio spiovente è stata mantenuta e replicata seguendo anche la medesima posizione delle aperture. La differenza dei materiali e delle soluzioni tecniche adottate per la realizzazione dei due fabbricati permette un dialogo sincero tra l’esistente e il nuovo: da un lato ci sono la pietra calcarea e il legno e dall’altro il calcestruzzo utilizzato sia per i muri sia per i pavimenti.

La casa si sviluppa su due livelli collegati attraverso una scala interna in ferro con gradini in pietra lavica. Al piano terra è collocata la zona giorno in contatto diretto con il giardino e con la piscina. Al primo piano trovano posto due camere da letto con relativi bagni e uno studio che si affaccia sulla doppia altezza del soggiorno.

caption:© Francesco Nicita

caption:© Giorgio Biazzo

All’interno del giardino sono stati realizzati altri due piccoli corpi di fabbrica: uno destinato a laboratorio e l’altro ad autorimessa. I due edifici accessori, collegati tra loro attraverso un tunnel in calcestruzzo a vista, si distinguono giacché uno è in acciaio e vetro mentre l’altro è in muratura.

Milano smart city

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Trasformare Milano in una smart city è un obiettivo basilare per la crescita della città, soprattutto per collegarla alla grande rete europea e internazionale. Il ruolo chiave della capitale del Nord Italia è quello di trainare il Paese verso un'Europa sempre più competitiva sul fronte sostenibilità. L'iniziativa Milano Smart City parte dal concetto che una smart city non coltiva solo la sua componente tecnologica, ma deve coniugare sviluppo economico ed inclusione sociale, innovazione e formazione, ricerca e partecipazione. A questo scopo è fondamentale attivare a promuovere sinergie tra aziende, istituzioni ed associazioni che operano nel territorio per raggiungere una smart governance in grado di amministrare la nuova città.

cos'è una smart city? I progetti per Milano, Ascoli e Bari

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 7 LABORATORI D'INTERVENTO

1.Città globale, laboratorio nazionale ed europeo

Milano promuove un continuo confronto sul tema smart city con le principali città europee ed internazionali sia attraverso network sia con la realizzazione di progetti atti a coinvolgere aziende ed università del panorama europeo: un modo per favorire lo scambio di competenze e crescere in modo paritario assieme all'Europa.

2.Laboratorio della mobilità urbana e sostenibile

La città si impegna a riorganizzare e gestire al meglio la domanda di mobilità, sviluppando il trasporto pubblico e promuovendo sistemi innovativi come sharing e peer2peer. Muoversi in città non solo deve diventare un qualcosa di agevole e piacevole, riducendo al minimo i consumi e migliorando la qualità della vita, ma deve essere anche un modo per coinvolgere i cittadini in programmi di sensibilizzazione portati da uno sviluppato sistema di info-mobilità.

3.Laboratorio delle politiche ambientali ed energetiche

Utilizzare la tecnologia per raggiungere degli standards altissimi in campo energetico e salvaguardare l'ambiente. Milano mira ad avere il tasso europeo di raccolta differenziata più alto tra tutte le città che superano il milione di abitanti e promuove la realizzazione di una rete energetica intelligente per gestire l'illuminazione pubblica urbana e l'efficienza energetica degli edifici.

4.Laboratorio di inclusione sociale e diversity

Politiche mirate all'inclusione sociale per garantire le pari opportunità e l'abbattimento dei pregiudizi in tutte le classi sociali, vengono supportate da una serie di nuovi strumenti che favoriscono la socialità e promuovono l'utilizzo di servizi comuni.

5.Laboratorio del benessere in città

L'approccio a Milano Smart City deve essere supportato da una continua formazione che renda coscienti e che accompagni i cittadini nel percorso di trasformazione verso una cultura del benessere. L'idea è quella di rendere partecipativi i cittadini nella gestione degli spazi verdi e dei luoghi pubblici, in modo da renderli consapevoli e portarli dal ruolo di spettatori a quello di attori.

6.Laboratorio di semplificazione per la PA

Semplificare e rendere chiaro a tutti il processo della Pubblica Amministrazione in modo da mettere al centro il cittadino. Facilitare l'accesso ai servizi, attraverso i sistemi telematici, per snellire i tempi burocratici e dare trasparenza alla struttura per avere accesso immediato alle informazioni ed ai dati. Il cittadino deve sentirsi assistito e sicuro in ogni rapporto con la PA.

7.Laboratorio della generazione d'impresa

Creare produttività attraverso le università e la ricerca ed avere un approccio coordinato con le istituzioni e con i partners privati per sfruttare tutte le opportunità di crescita. Capofila del sistema è il progetto per l'EXPO 2015 facendo attenzione a sfruttare al meglio le opportunità per trasformare la città senza perdere di vista i prodotti locali, anzi sapendo valorizzarli al meglio.

Milano può diventare la locomotiva dell'Italia non solo per le strategie ideate e per le tecnologie di cui dispone, ma soprattutto per una volontà di porre il cittadino al centro del sistema urbano favorendone la partecipazione attiva. Non può esistere una smart city senza gli smart citizens, formati con maggiore attenzione alle tematiche sostenibili ed in grado di essere partecipativi in un sistema urbano fortemente evoluto. 


Adottare una stazione ferroviaria dismessa e riqualificarla

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Qualcuno ha mai pensato ad adottare una stazione ferroviaria dismessa? Oggi, grazie all’iniziativa promossa dal Gruppo Ferrovie dello Stato che ha avviato un piano di riqualificazione delle infrastrutture dismesse e/o impresenziate, è possibile. Il piano prevede la concessione in comodato d’uso delle strutture a coloro che si occuperanno della manutenzione o per attivare progetti sociali e culturali. Il piano si è reso necessario perchè la tecnologia, seppur positiva per il progresso e lo sviluppo delle attività – comprese quelle relative ai trasporti –  ha portato anche alla dismissione di numerose piccole stazioni che oggi ormai non hanno più bisogno della presenza fisica del personale ferroviario poiché sono gestite a distanza mediante dispositivi informatici. Col tempo si è incorsi in vere e proprie azioni vandaliche e in un abbandono indecoroso nei confronti di numerose delle circa 1.700 le stazioni impresenziate della Rete Ferroviaria Italiana.

Piste ciclabili lungo la costa ligure dalla rigenerazione della linea ferroviaria

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Come funziona l’adozione di una stazione?

Tramite contratti di comodato d’uso gratuito ad associazioni e comuni si intraprendono progetti sociali che abbiano ricadute positive sul territorio e sulla qualità dei servizi offerti, avvalendosi proprio delle stazioni; ad oggi circa 480 stazioni già sono state assegnate. Per il riuso sociale e ambientale di questi immobili sono stati sottoscritti dei Protocolli d’Intesa con la Regione Toscana, Legambiente, AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile), CSVnet (Centri di Servizi per il Volontariato) e Legacoop Sociali.

Ma non è tutto: poichè del patrimonio FS fanno parte anche 3.000 km di linee ferroviarie dismesse, di cui 325 km sono stati destinati a greenways per piste ciclabili e percorsi verdi accessibili a tutti (cosiddetta “mobilità dolce”), il Gruppo FS ha deciso di definire un Piano Nazionale di Greenways, seguendo l’esempio spagnolo, coinvolgendo le Istituzioni pubbliche e le principali associazioni ambientaliste. 

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Quali sono i risvolti positivi di tutto ciò?

Sarà garantita a questi immobili e alle loro pertinenze la manutenzione base.  

  • Si rivaluterà il territorio concedendo ad enti locali, associazioni e imprenditori che intendano promuoverlo attraverso attività a carattere sociale, culturale o turistico, compreso il volontariato con l’operato di associazioni no profit.
  • Sarà favorito lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile dato che le strutture possono essere concesse anche per attività tradizionali di recupero dell’artigianato locale, oppure per l’apertura di bar, ristoranti, gelaterie e tabaccherie.

La lista completa di tutte le sedi di Direzione Territoriale Produzione della rete di ferrovie italiane può essere consultata sul sito Rfi.it

Rome Community Ring: un progetto per i 15 forti della Capitale

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Forte Portuense è uno dei 15 forti di Roma edificati a fine ‘800 a difesa del territorio circostante la capitale. Come 8 delle 15 costruzioni militari, prende il nome dalla strada che doveva difendere. Scarsamente utilizzati per via dell’eccessiva vicinanza alla città e per la diffusione di sistemi balistici a lunga gittata che li avrebbero scavalcati con facilità, i forti, solo dopo una trentina di anni dopo la loro realizzazione, furono radiati dal novero di fortificazioni dello Stato e destinati a caserme e depositi.

Dopo anni di abbandono, Forte Portuense, uno dei tesori nascosti di Roma, apre al mondo dei progettisti per diventare il primo elemento di un anello di strutture d’avanguardia, deputate a cultura, benessere ed intrattenimento.

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I progettisti sono chiamati ad immaginare la trasformazione del forte non solo come centro isolato di servizi locali, ma anche e soprattutto come primo di una serie di interventi sui 15 forti della capitale. L’idea infatti è quella di coinvolgere l’intero sistema difensivo della Roma dell’800 nel progetto “community ring”: un anello di strutture sportive, per il benessere, da dedicare ad attività culturali e per il turismo. Un progetto che da un forte all’altro abbraccia la città, e a 360 gradi, come il suo sviluppo in pianta, coinvolge la vita dei cittadini romani e dei turisti.

E’ Young architects competitions (YAC) a lanciare la sfida. Il concorso è promosso dall’Amministrazione della città di Roma con la collaborazione dell’Università La Sapienza e Progetto Forti. Il lancio ufficiale del concorso, che mette in palio 15 mila euro, è previsto per il 13 Ottobre. 

Censimento FAI "I luoghi del cuore" da tutelare. Vota il tuo

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Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, opera già da molti anni e si occupa di curare, promuovere e tutelare i beni culturali sul territorio italiano. L’associazione dichiara ufficialmente di: curare i luoghi italiani speciali per le generazioni presenti e future; “promuovere l’educazione, l’amore, la conoscenza e il godimento per l’ambiente, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione” e “vigilare sulla tutela dei beni paesaggistici e culturali, nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione”.

Il FAI ha attualmente 29 luoghi costantemente aperti al pubblico, 50 beni tutelati e 100 manifestazioni l’anno organizzate per promuovere i siti d’interesse comune. 

CENSIMENTO LUOGHI DEL CUORE

Per rispondere meglio agli obiettivi sopra elencati il FAI, in collaborazione con Intesa San Paolo, nel 2003 ha coinvolto tutti i cittadini nella segnalazione dei luoghi da tutelare e conservare. Il progetto “I luoghi del cuore” consente a tutti di segnalare un particolare luogo naturale, una chiesa, un palazzo, un ambiente caratteristico e importante per le generazioni presenti e future ed eventualmente garantirne la tutela FAI.

Il primo censimento ha portato al FAI oltre 24 mila segnalazioni, diventate poi oltre 90 mila nel 2004. Negli anni successivi si è avuta una crescita esponenziale dell’interesse da parte dei cittadini fino ad arrivare al 2012 quando, con l’apertura del progetto a livello internazionale, si è raggiunto 1 milione di segnalazioni.

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INTERVENTI

Nell’arco di questi dieci anni, dall’inizio del progetto "I luoghi del cuore" , sono stati votati oltre 31 mila luoghi sparsi su tutto il territorio italiano. Proprio grazie a queste segnalazioni sono stati restituiti alla comunità 45 luoghi su cui il FAI è intervenuto con progetti di tutela e restauro.

I luoghi su cui concentrare l’attenzione sono stati scelti in base a numero di segnalazioni, valenza storica e artistica, importanza del sito per il territorio e fattibilità dell’intervento. A seguito dell’edizione del 2012 e della redazione delle “Linee Guida per la definizione degli interventi”, che dà un possibilità ai luoghi con più di 1000 segnalazioni, altri 16 interventi sono stati messi in programma.

Anche in questo settimo censimento indetto nel Maggio 2014 i portatori di interesse di beni che hanno raggiunto 1000 voti possono presentare al FAI e al Ministero dei Beni Culturali una specifica richiesta di intervento.

Il termine per votare il proprio luogo del cuore è il 30 Novembre di quest’anno.

Tutti siamo invitati a interessarci, promuovere, tutelare e quindi segnalare i luoghi che più ci stanno a cuore.

Il nuovo Orto Botanico di Padova, tra tecnologia e natura

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Nello storico orto botanico di Padova, uno dei più antichi orti universitari del mondo e patrimonio mondiale Unesco, è stata da pochi giorni inaugurata una nuova sezione: il giardino della Biodiversità. Il complesso progetto, elaborato dall'architetto Giorgio Strappazzon dello studio VS associati, spazia dal restauro del giardino esistente alla progettazione dell’ampliamento dei sui confini storici, attraverso edificio high tech, che ospita cinque serre.

IL MUSEO DELLA BIODIVERSITÀ DI FRANK GEHRY A PANAMA

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IL GIARDINO DELLA BIODIVERSITÀ DELL'ORTO BOTANICO

La nuova architettura è posizionata in un contesto di altissimo valore storico, collegando visivamente il complesso di Santa Giustina e Sant'Antonio di Padova, e nasce come ampliamento del cinquecentesco Hortus cintus

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L’edificio di nuova costruzione dell'orto botanico si presenta come un blocco di vetro, lungo 100 metri e alto 18 metri. Al suo interno, 5 serre tematiche per rappresentare la biodiversità delle specie vegetali nel mondo: un viaggio immaginario nelle diverse aree del globo, partendo dall’equatore fino a sfiorare i poli. I microclimi nelle serre mutano al loro interno: dalle condizioni favorevoli per la vita con abbondate umidità e alte temperature, tipiche della foresta pluviale, fino alle condizioni più estreme, dove freddo e scarsa umidità rendono il proliferare della vegetazione difficile. Il percorso, dalla foresta pluviale tropicale, passando poi per la foresta tropicale sub umida e la savana, il clima temperato e mediterraneo, il clima arido, la tundra artica, tundra alpina si conclude nell’Antartide.

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Il nuovo blocco ospita ben 1.300 specie vegetali diverse, ampiamente descritte attraverso sistemi digitali, grazie alla app sviluppata ad hoc, ma anche attraverso pannelli espositivi in vetro temperato di grandi dimensioni con stampe digitali. La scelta dell’allestimento in vetro stampato è innovativa, ma soprattutto efficiente: il vetro è in grado di resistere alle condizioni climatiche delle serre e allo stesso tempo riduce i riflessi.

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L'ampliamento costituito dalle serre sulla Biodiversità è già conosciuto come il “Giardino delle meraviglie”, non solo per la varietà della vegetazione che ospita, ma anche per il grado di innovazione che caratterizza il progetto: è il progettista stesso a definirlo “una grande foglia che respira, che produce ossigeno, che si apre e si chiude per regolare la sua temperatura”. La regolazione dei suoi microclimi è gestita da sistemi informatizzati: una app gestisce i valori di ossigeno e temperatura delle piante per creare il clima ottimale all’interno di ogni serra.

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Un’attenzione particolare nel progettare l’edificio è stata data all'efficienza energetica dello spazio espositivo. L’impatto sull’ambiente è minimo, dato che la sua forma, l’uso degli spazi e dei materiali, sono progettati per sfruttare al massimo l’energia solare, recuperare le acque piovane e renderlo autosufficiente dal punto di vista energetico ed idrico. Una nanotecnologia applicata sulle superfici interne ed esterne abbatte in maniera significativa l’inquinamento atmosferico, sfruttando i raggi ultravioletti per dal luogo ad una reazione chimica che è in grado di ripulire l’aria dagli agenti inquinanti.

Un progetto complesso, che sicuramente ha visto impegnato un team multidisciplinare, focalizzato sul raggiungimento di un unico obiettivo: un esempio di innovazione.

Cilento Earth. Il parco agroalimentare nell’agrumeto abbandonato

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Un parco agroalimentare dedicato alle eccellenze ed ai prodotti tipici del Cilento è la risposta dello studio Centola&Associati ai temi dell’Expo 2015. Cilento Earth, progettato nel cuore del lussureggiante Cilento, ricco di tradizioni alimentari e culinarie e produzioni tipiche locali, sorge nei 100 mila metri quadri di un agrumeto abbandonato. Sarà il trade union tra le aziende della zona, sia appena avviate che storicamente rinomate, spesso aconduzione familiare, depositarie di saperi e tradizioni millenarie, talvolta in difficoltà economica, ed il pubblico di visitatori locali e flussi turistici internazionali.

Parco Nazionale del Cilento: il progetto per la rivitalizzazione della linea ferrata abbandonata

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Il progetto, commissionato da Russo Restauri e vincitore del terzo posto del premio Invest Salerno della Fondazione Carisal, insieme alle altre due proposte selezionate, è stato presentato in anteprima al Salone del Real Estate “EIRE” di Milano.

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IL CILENTO E LA DIETA MEDITERRANEA

Il luogo prescelto per il parco agricolo è Lustra, nel cuore del Parco nazionale del Cilento, nel territorio promotore della Dieta Mediterranea riconosciuta come patrimonio culturale immateriale dall’Unesco. Cilento Earth è un’occasione per recuperare il rapporto dell’uomo con la terra, avvicinando i visitatori alle attività a km0 di produzione, trasformazione, ricerca, formazione, degustazione e vendita di prodotti tipici di qualità come vino, olio, frutta, ortaggi, legumi, cereali, pasta, salumi e latticini.

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Ci saranno grandi campi tematici all’aperto, coltivazioni, orti collettivi per l’autoconsumo e campo–scuola–gioco, ma anche una scuola di cucina, un auditorium, ristoranti e un centro benessere.

LE COLTIVAZIONI E GLI ORTI COLLETTIVI

Tutte le coltivazioni del parco seguiranno i principi dell’agricoltura biodinamica basata sul rispetto del ciclo naturale delle piante e della terra. Le fasce multicolori dei filari coltivati proseguono lungo le facciate dei volumi in legno lamellare a servizio dei campi che sono energeticamente indipendenti grazie ai pannelli fotovoltaici/solari e alle micro–pale eoliche ad asse verticale.

Orti collettivi per l’autoconsumo ed il recupero di essenze tipiche cilentane e mediterranee saranno a disposizione di ragazzi ed appassionati, pensionati e cooperative. Anche i bambini avranno i loro spazi all’interno del parco: a loro è dedicato un campo scuola–gioco per apprendere quali sono le piante e gli animali più diffusi della zona, a diretto contatto con la natura.

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IL CILENTO WORLD

Il Cilento World, edificio simbolo del Cilento Earth, sarà il cuore pulsante del parco. Divertimento, buon mangiare e relax si incontreranno sotto un unico tetto. È lì infatti che si terranno la scuola di cucina, le esposizioni, la promozione turistica del territorio e le esibizioni nell’auditorium. Sarà anche il luogo dove le bontà cilentane, tanto decantate, potranno essere degustate nei ristoranti tematici ed i presidi Slow Food. Ed è sempre nel Cilento World che dopo una giornata all’insegna della natura ci si potrà rilassare nella zona benessere con palestra, piscina coperta e percorso natura nella pineta.

Produzione vinicola: la cantina perfetto connubio di tecnologia e sostenibilità

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Nel panorama vitivinicolo, un perfetto connubio fra tradizione, sostenibilità ed innovazione è rappresentato dall’esperienza della cantina Mori Colli Zugna. La cantina, che per scelta è rimasta radicata nelle proprie zone di produzione, vanta una nuova sede, progettata da Andrea Tomasi & associati, all’avanguardia sia per quanto riguarda la logica progettuale dell’insediamento stesso, che per il risparmio energetico delle risorseambientali.

Cantine da scoprire: la cupola di rame di Arnaldo Pomodoro

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Il progetto della cooperativa vitivinicola Lagarina, nata nel 1997, nasce dalla volontà di raggruppare in un’unica sede le attività produttive delle cantine sociali che ne fanno parte. In questo modo, i 700 soci della cooperativa possono avere una struttura tecnologica, sostenibile e moderna per la vinificazione in una delle aree più vocate del patrimonio viticolo del Trentino.

IL PROGETTO ARCHITETTONICO

Lo sfruttamento del dislivello naturale collinare ha favorito la collocazione progettuale della cantina in posizione sotterranea, garantendo in questo modo una bassa azione di antropizzazione del territorio. Ad oggi questa è la cantina ipogea più grande d’Europa. I vigneti coprono circa 700 ettari di territorio e all’interno del grande complesso ipogeo è collocata un’enoteca. Sono presenti oltre 300 metri di spazi espositivi pronti ad accogliere visitatori esperti e semplici curiosi, in una atmosfera accogliente e scenografica allo stesso tempo.

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All’interno dell’enoteca si sviluppano spazi in cui è possibile degustare i vini o godersi un momento di relax nel salotto riservato.
A fianco dell’enoteca trova spazio una ampia sala convegni da 100 posti a sedere, dedicata a degustazioni, buffet, conferenze, incontri di lavoro e pronta ad accogliere anche mostre d’arte.
Ad oggi la struttura garantisce una capacità complessiva di incantinamento superiore ai 100 ettolitri di vino.

IL RISPARMIO ENERGETICO

La cantina ha in particolare dimostrato una attenzione alle tematiche della produzione di energia verde e del risparmio energetico dotandosi di:

  • un impianto geotermico dedicato caratterizzato da dodici sonde, è utilizzato per soddisfare il fabbisogno di acqua calda/fredda e per il condizionamento delle zone produttive e degli uffici;
  • un impianto fotovoltaico;
  • un sistema di recupero e razionalizzazione dell’acqua in grado ridurne i consumi del 70%;
  • uno specifico impianto di potabilizzazione, che consente di diminuire il prelievo dell’acquedotto.

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La natura si integra con l’architettura sia grazie all’abbraccio del sottosuolo, sia per il tetto verde che, con parte dei vigneti, ricopre la cantina stessa.

IL SISTEMA WEB GIS

I tecnici della Cantina Mori Colli Zugna, in collaborazione con una società informatica di Trento e la supervisione scientifica del Centro di Ricerca Fondazione Bruno Kessler FBK–irst, hanno inoltre realizzato un sistema webGIS (Geographical Information System – Sistema Informativo Geografico via web) che consente di inserire, gestire ed analizzare, in modo georeferenziato, dati provenienti da varie fonti a partire dallo studio di zonazione che l’azienda ha effettuato.

Nello specifico, grazie a tale progetto, sarà possibile controllare simultaneamente una mole consistente di dati come ad esempio:

  • dati catastali di circa 25.000 particelle fondiarie;
  • esposizione;
  • insolazione;
  • quote altimetriche;
  • capacità di ritenzione idrica;
  • forme di allevamento e sesti di impianto;
  • anni di impianto;
  • dati potenziali di produzione e del conferimento;
  • analisi prevendemmiali georeferenziate.

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Grazie al webGIS è possibile l’elaborazione di grafici, di proiezioni, di esportazione di dati in grado, ad esempio, di ottenere un quadro realistico dell’andamento delle maturazioni delle diverse varietà nelle differenti zone, di visualizzare, varietà per varietà, le superfici già vendemmiate e/o quelle ancora da vendemmiare, le zone da cui provengono le uve più mature, le zone più problematiche, filtrare ed incrociare i dati storici.

L’informatizzazione della cantina consente di tracciare tutte le uve che vengono conferite poiché ogni socio entra in cantina grazie ad un chip di riconoscimento dal quale è possibile reperire l’origine del prodotto, il tipo di uva e vari altri dati legati alle peculiarità della fornitura.

Non stupisce quindi che, per le sue peculiarità legate alla sostenibilità ed alla tecnologia avanzata che caratterizzano la cantina, il progetto sia stato l’intervento più votato dal pubblico in occasione del premio Fare Green 2012, che si pone come obiettivo l’esposizione di progetti, servizi e prodotti del Trentino, caratterizzati da un elevato livello di sostenibilità ambientale.

Dolomiti: un vecchio fienile trasformato in abitazione

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Nel piccolo paesino di Coi abitato da una sessantina di anime a 1500 metri di altitudine tra le Dolomiti in Val Zoldana (BL) un fienile, o Tabià, come viene comunemente chiamato in questa zona, è stato ristrutturato e trasformato in abitazione. All’apparenza sembra non esserci stata alcuna modifica all’edificio, ma non bisogna lasciarsi ingannare. Infatti, lo studio di architettura Clinicaurbana ha operato con la consapevolezza che “il tabià è una sentinella aguardia di un paesaggio che va rispettato”.

Il vecchio fienile in legno diventa ufficio

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La costruzione originaria sulle Dolomiti era costituita da un basamento in pietra e da un elevato interamente in legno: il livello al piano terra, addossato in parte al pendio, veniva riscaldato, mentre la porzione di edificio superiore era dedicata a magazzino e a ricovero per il fieno.

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La vecchia struttura del fienile è stata mantenuta anche se non più con le sue originarie funzioni. L’ossatura portante del tabià è ora in ferro a travi e pilastri che ripercorrono gli elementi lignei esistenti sovrapponendosi ad essi.

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La casa si sviluppa su tre livelli: il piano terra in pietra è stato completamente mantenuto anche se non ha un’altezza utile per poter essere abitato. I due livelli completamente fuori terra ospitano la zona giorno e la zona notte e sono collegati attraverso un’ampia scala in legno. Ad ogni piano la protagonista dell’ambiente è una stufa per il riscaldamento a legna che garantisce calore durante i rigidi inverni.

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L’involucro, invece, è composto da due membrane: quella esterna è formata dalle esistenti vecchie pareti in tavole di larice, mentre quella interna è costituita da una nuova pelle, sempre in legno, che permette di mantenere il comfort termico negli ambienti abitati.

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Il fienile è stato trasformato in lanterna: di giorno l’edificio sembra non abbia subito alcun intervento di restauro, ma quando di notte le luci sono accese si riesce a percepire la duplicità della costruzione e traspare la nuova funzione del Tabià.


Incontro tra bioarchitettura e slow living: casa Talìa, a Modica

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Casa Talìa è una struttura ricettiva di poche ma preziosissime stanze situata in Sicilia, a Modica, nel parco archeologico di cava d’Ispica (Ragusa), un’area protetta della Sicilia sudorientale. La casa, originariamente organizzata in dodici abitazioni separate disposte a cerchio attorno ad un giardino mediterraneo, area comune a tutte, è stata restaurata secondo i principi della bioarchitettura e trasformata in una struttura unica da due architetti diorigine milanese, Viviana Haddad e Marco Giunta, che hanno scelto Modica come posto in cui vivere in maniera slow dopo esserci passati durante una vacanza in Sicilia nel 2001.

Ristrutturazioni: l’appartamento nel quartiere gotico di Barcellona

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I due architetti, preferendo lo slow living al ritmo cittadino, avevano deciso di acquistare i ruderi e di ristrutturarli unendoli appunto in un unico complesso, dove hanno scelto anche di abitare. La casa è un ottimo esempio di architettura e recupero sostenibile; il restauro è stato indirizzato dagli architetti verso l’uso di materiali naturali e di tradizione locale, oltre che scegliendo mobili di recupero o d’artigianato per gli arredi, ma ciò che arricchisce maggiormente la loro esperienza modicana è l’abbinamento della bioarchitettura alla ricerca di uno stile di vita lento, volto ad esaltare la bellezza del tempo goduto appieno attraverso il relax, la contemplazione del paesaggio e la filosofia del vivere slow, vivere lento godendo appieno del dolce trascorrere del tempo.

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Elementi di recupero in casa Talìa: la testiera da letto diventa ringhiera. In questa immagine è visibile il muro in pietra a vista, e il tetto in travi di legno e canne di bambù adoperati per il restauro delle abitazioni. Foto, DesignRulz.com

La ristrutturazione a basso impatto ambientale, conclusasi nel 2012, è stata improntata ad unire le diverse abitazioni che continuano a mantenere la loro indipendenza anche dopo la ristrutturazione, ma in un contesto unitario soprattutto grazie al giardino mediterraneo che le accomuna e allo stile con cui gli architetti Haddad e Giunta hanno ridato nuova vita agli edifici.

Le case sono state ristrutturate coniugando tecniche e materiali antichi e moderni, utilizzando vernici ecologiche, legni ingrassati a olio oppure trattati con impregnanti e colori naturali e passati a cera, cocciopesto e pietra locale per i pavimenti, e ricostruendo i muretti a secco negli esterni, rafforzati con telai lignei per rispondere ai requisiti antisismici.

Muro a secco esterno, supportato da telaio in legno laddove richiesto dalle norme antisismiche. Foto © Michele Biancucci

Nella cucina il piano da lavoro è realizzato con pietra pece, una pietra nerissima tipica di Ragusa, e con maioliche di recupero acquistate dai robivecchi locali, mentre le camere sono decorate con piastrelle coloratissime e smaltate, anch’esse sicule.

Cucina di casa Talìa. Foto © Michele Biancucci

Per quanto riguarda l’impianto termico, la casa è dotata di un impianto di riscaldamento integrato con pannelli solari, inoltre il tetto è dotato di dodici centimetri isolante in sughero.
Per le stanze invece l’ispirazione principale è stata quella del riad marocchino, al fine di mantenere intatta la tranquilla intimità del luogo pur trovandosi nei pressi del centro abitato, e, proprio come in un riad, le singole stanze non sono in comunicazione tra di loro, ma si affacciano tutte su un giardino centrale, che è il principale elemento d’incontro.

Il giardino mediterraneo di casa Talìa, fulcro d’incontro di tutti gli edifici che compongono la struttura. Foto, DesignRulz.com

Anche per le stanze si sono utilizzati materiali biocompatibili, quali pietra a vista per i muri, intonaci a calce, canne di bambù per il tetto, e ceramiche policrome o pietra per i pavimenti.

Oggi casa Talìa è l’indirizzo sia di un una struttura ricettiva per slow travellers, sia di uno studio di progettazione dove gli architetti lavorano a progetti simili al recupero che hanno effettuato per il complesso.

L’abbinamento di scelte sostenibili e naturali per quanto riguarda l’architettura con la scelta voluta e consapevole di abitare in un luogo bellissimo essendo padroni del proprio tempo, rende casa Talìa un progetto eco–compatibile completo poiché sostenibile sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista umano: infatti, i due architetti sono un ottimo esempio per coloro che, sopraffatti dalle incombenze quotidiane di una vita frenetica spesso incalzata dal velocissimo ritmo cittadino, pensano di voler cambiare stile di vita ma non hanno idea di come fare.

Riappropriarsi del proprio tempo trascorrendone di più con la propria famiglia, con i propri amici, coltivandosi il proprio orto oppure facendo ciò che più ci piace e ci realizza, è un gesto che va quasi in controcorrente oggi, ma sempre più necessario per ricreare una dimensione umana in una società stanca e affaticata, dove il lavoro tende sempre di più a prosciugare le forze vitali di ogni individuo.

In questo contesto, l’esperienza dei due architetti Haddad e Giunta è notevole e importante perché, come sostiene Jung, ogni cambiamento percepito dalla collettività parte in realtà sempre dall’individuo. Secondo Carl Gustave Jung infatti “Solo un cambiamento nell’atteggiamento individuale potrà portare con se un rinnovamento dello spirito […] Tutto comincia con l’individuo.” (L’inconscio, pag.159, ed 1997).

L’ asilo in legno a misura di bambino

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Nell’ambito della trasformazione urbana dell’ex area fieristica di Milano, è stato indetto un concorso per la realizzazione di un asilo nido, attento alle esigenze dei bambini e dell’ambiente. La competizione, rivolta agli architetti under 35, e riservata ai vincitori delle precedenti edizioni del concorso AAArchitetticercasi, ha visto lo studio milanese 02ARCH aggiudicarsi il primo premio con un progetto che pone al centro dell’edificio il benessere del bambino e il rapporto con l’ambiente.

L’asilo di Mario Cucinella: l’Emilia riparte dai bambini

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IL BANDO

Il bando del concorso definiva chiaramente gli aspetti chiave che i progetti dovevano rispettare, punti che evidenziavano il carattere ecosostenibile e naturale dell’edificio.
L’asilo doveva essere in grado di ospitare 72 bambini da 0 a 3 anni, rispettando le principali metodologie pedagogiche, oltre a risultare funzionale e confortevole per i piccoli ospiti.

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asilo-citylife-milano-cImportanza rilevante è stata data al rapporto con l’ambiente, data la collocazione del progetto, all’interno del grande parco pubblico di Citylife, adiacente a piazzale Arduino. L’asilo doveva essere realizzato in legno, rispondendo ai criteri di sostenibilità innovazione per quanto riguarda materiali e tecnologie impiantistiche.

L’edificio verrà poi collegato alla rete di teleriscaldamento già prevista per Citylife che sfrutta un sistema di distribuzione di acqua calda proveniente da fonti rinnovabili.

IL PROGETTO

Si chiama “Baby–life”, un riferimento alla “city” in cui si colloca e ai suoi “baby” ospiti.
È il progetto vincitore proposto dallo studio 02ARCH per l’area di Citylife e che ha visto la collaborazione non solo dei progettisti, Ettore Bergamasco e Andrea Starr–Stabile, ma anche di un vero e proprio team di esperti, come una psicologa infantile ed un sociologo, atti ad indirizzare le scelte architettoniche verso una maggior funzionalità e comfort per i piccoli fruitori.

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La giuria del concorso, composta daEnnio Brion, Alessandro Maggioni (Federabitazione Lombardia–Confcooperative), Luca Larosa (Comune di Milano), Susanna Mantovani (Università di Milano Bicocca) e Roberto Russo (CityLife) si è così espressa in merito a “Baby–life”: “Il progetto presentato da 02ARCH si è distinto in modo particolare per l’originalità dello stile architettonico, in grado di dialogare con l’area semantica e funzionale legata alla prima infanzia. La proposta progettuale conserva una sorta di “creativa semplicità” nel linguaggio compositivo, adottando quale modello ordinatore la scomposizione di un volume compatto in diverse aree funzionali sotto forma di “casette” essenziali. Questa scelta rende possibile la modularità degli spazi e una grande flessibilità, a beneficio delle future esigenze funzionali e di progettazione educativa. Le implicazioni ambientali della struttura, in termini di sostenibilità e di innovazione, sono state accuratamente sviluppate cogliendo appieno lo spirito del bando di gara al punto da orientare la progettazione verso una certificazione Leed di livello Platinum”.

Il verde circostante, le funzioni e i flussi determinano la planimetria dell’edificio, che si inserisce in modo discreto e rispettoso all’interno del grande parco. Il complesso è caratterizzato da piccole casette con prospetti semplici e facilmente riconducibili dai bambini alla classica sagoma della casa, tutte affaccianti su un ampio atrio centrale, dal quale si sviluppano le principali funzioni. L’obbiettivo è quello di creare una sequenza armoniosa di spazi facilmente utilizzabili ma anche suggestivi, che possano stimolare la fantasia del bambino, oltre ad offrire una qualità di vita superiore, più attenta all’ambiente e alle risorse.

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Il parco esterno protetto, di 3000 mq, consente numerose attività all’aperto, che uniscono gioco e movimento, oltre a consentire ai bimbi di apprezzare i ritmi della natura.
Le casette, realizzate in legno, sono disposte secondo le regole della bioclimatica, come orientamento, luce naturale ed esposizione. Esse sfruttano l’energia fornita dal teleriscaldamento, collegandovi pannelli radianti e fotovoltaici. L’acqua piovana viene raccolta e riutilizzata e tutti i materiali costruttivi utilizzati sono certificati, di provenienza locale e riciclabili, rispettando così i piccoli ospiti e il loro ambiente.

Molto soddisfatto il vicesindaco De Cesaris, che così commenta il progetto vincitore “Sono particolarmente contenta di questo intervento. Un team di esperti e di giovani architetti under 35 ha presentato un lavoro molto interessante, guardando con attenzione alle esigenze dei bambini e dell’ambiente, alla pedagogia e all’ecosostenibilità. L’asilo nido per il quartiere di CityLife è un altro tassello degli interventi sulle opere pubbliche nel segno della qualità e del rispetto dei tempi. L’obiettivo è fare sì che la parte privata cammini parallelamente alle opere pubbliche”.
La realizzazione è prevista entro il 2016.

La figura dell'architetto. Da Loos ai giorni nostri

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È pratica piuttosto usuale tra i giovani architetti l’inviare senza sosta curricula agli studi professionali, prestandosi come disegnatori CAD, modellatori 3D, elemosinando qualunque tipo di lavoretto affine alle nostre competenze. È però evidente che queste prassi non siano risolutive per le problematiche connesse alla nostra attività lavorativa, nonché al futuro della professione, che non dovrebbe mai dimenticarsi dell’importante ruolo sociale che riveste. Noi per primi, nuovie/o futuri architetti, dobbiamo esser consapevoli dell’indirizzo da dare all’architettura e, di conseguenza, al ruolo che le compete nella società. Adolf Loos (1870–1933), architetto austriaco ed uno tra i pionieri dell’architettura moderna, è stato autore di alcuni fondamentali saggi e molti dei suoi scritti sono ancora oltremodo attuali e possono offrire importanti spunti sui quali riflettere, come lo scritto “I nostri giovani architetti”, tratto da Ver Sacrum, 7, 1898 e pubblicato su “La civiltà occidentale – Das Andere e altri scritti”, (Zanichelli Editore, 1981, pp.61–62).

Renzo Piano e l’ode agli architetti timidi

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I NOSTRI GIOVANI ARCHITETTI

L’architettura è ancora un’arte? Si sarebbe tentati di negarlo. L’architetto non ha né fra gli artisti né fra il pubblico la fama di autentico operatore artistico. Il più insignificante dei pittori, il più limitato degli scultori, il più scadente dei teatranti e il più sprovveduto dei compositori si attribuiscono con autorità il titolo di artisti, e tutti approvano senza batter ciglio. Ma l’architetto deve aver già fatto cose egregie, prima di essere annoverato tra le file degli artisti.

Due fattori hanno contribuito a scalzare il prestigio dell’architetto. In primo luogo lo Stato, poi gli stessi architetti. Lo Stato ha introdotto gli esami negli Istituti tecnici, e adesso chiunque si crede autorizzato, dopo aver superato l’esame, a fregiarsi del nome di architetto come se fosse un semplice titolo. Questa farsa è giunta al punto di chiedere al governo di tutelare legalmente il titolo di architetto riservandolo a chi ha sostenuto l’esame di costruzioni presso un Istituto tecnico superiore.

Già il fatto che tutta la Vienna colta non sia scoppiata in una grande, fragorosa risata dimostra a sufficienza come a causa di quegli esami si sia ormai fatta strada l’opinione che l’architettura è una cosa che si può imparare a memoria, e che basta esibire un diploma per garantire una competenza in materia. Ma si provi un po’ ad applicare lo stesso criterio alla musica. La composizione musicale, così affine alla creazione architettonica, dovrebbe allora essere permessa solo a coloro che abbiano superato il relativo esame presso un Conservatorio. Il che apparirebbe subito ridicolo, dal momento che la musica è ancora unanimemente considerata un’arte pura.

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Per i veri artisti, i motivi addotti in proposito dagli smaniosi di titoli delle scuole tecniche sono del tutto irrilevanti. “Adesso qualsiasi manovale può farsi chiamare architetto”. E perché no, se lui è contento? Verrebbe forse offuscata la gloria di Beethoven o di Wagner se gli autori di couplets venissero chiamati compositori? Verrebbero forse sminuiti Lenbach e Menzel se qualsiasi imbianchino si attribuisse il titolo di pittore? No di certo. Ma che brutta figura avrebbero fatto entrambi, se in circostanze simili avessero preteso il contrassegno governativo sulle loro opere pittoriche! È una pretesa del tutto assurda.

Ma più ancora degli esami di Stato, sono stati gli architetti a nuocere a se stessi. Si sono degradati e la gente si è adattata. La maggior parte dei nostri giovani architetti, nonostante il titolo di cui si fregiano, nonostante la loro abilità artistica, sono soltanto dei disegnatori per l’edilizia. Per un misero stipendio mensile, simile a quello di un impiegato di commercio non particolarmente capace, si mettono al servizio di imprenditori, di costruttori e di architetti, ritenendolo l’unico sistema per poi mettersi in proprio. Anche l’orario di lavoro è quello dei lavoratori del commercio. È indifferente a questi “architetti” che le loro opinioni artistiche concordino o meno con quelle dei loro datori di lavoro. Anzi, la maggior parte di loro non ne ha affatto. Oggi lavorano in gotico, mentre lo stile rinascimento italiano dell’ufficio accanto appare loro come il non plus ultra. Dicono sempre di si. Ma quando si ritrovano coi loro colleghi di fede prendono bellamente in giro il loro capo – ecco come ci si comporta in termini mercantili già fra architetti – e credono di fare chissà che cosa quando si scagliano contro le vecchie usanze. E il giorno dopo, alle otto precise, sono già di nuovo freschi al lavoro.

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Se la nostra nuova generazione di artisti avesse anche il coraggio morale di esprimere con ostinata fierezza le proprie opinioni contro tutte le tentazioni finanziarie, allora la nostra arte potrebbe affrontare il futuro con maggiori speranze. Guardate i vostri colleghi della pittura, della scultura, della musica. Se dipendesse dalla loro arte, essi morirebbero di fame e di miseria. E questo deve saperlo chi vuole fregiarsi del più bel titolo che il popolo possa conferirgli: il titolo di artista!

I am recycled: l’edificio orgoglioso di essere riciclato

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“I am recycled” è un edificio industriale di Arrasate (Paesi Baschi, Spagna), progettato dagli architetti dello studio madrileno PKMN. L’edificio, costruito nel 1928, era parte di un impianto siderurgico. Grazie al rinnovamento della struttura, il manufatto potrà avere nuova vita e uscire dallo stato di abbandono in cui versa: sarà utilizzato come centro di riciclaggio, gestione e preparazione di materiali di recupero e laboratorio per oggetti di seconda mano di oltre 2 mila metri quadrati.

Il centro di riciclaggio in Costa Rica per educare e gestire il problema dei rifiuti

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È stato denominato dai progettisti “Io sono riciclato” per sottolineare l’importanza dell’azione di trasformazione. L’intervento è stato reso possibile tramite il recupero e il rinforzo strutturale del calcestruzzo, lasciando evidenti le preesistenze industriali.

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Il cambiamento è iniziato dalla disposizione delle nuove destinazioni d’uso, minimizzando la previsione di interventi dal punto di vista costruttivo, limitandosi al consolidamento delle pareti strutturali ed esterne, adeguando alcuni elementi architettonici ai regolamenti attuali. Quindi, è stata impressa sull’edificio una super grafica, riconoscibile, puntando sul colore verde come riferimento aziendale associato alla sostenibilità e riciclo. Sulla facciata di “I am recycled” campeggia, come un grande francobollo, il tipico logo di riciclo–riuso, che lo contrassegna suggerendo all’osservatore: “Sono un edificio riciclato”.

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All’interno, la grafica aiuta a distinguere le aree commerciali: zone di vendita possono essere riconosciute perché il cromatismo delle superfici che ospitano gli oggetti sono quelle della vecchia fabbrica, fino a due metri di altezza partendo dal livello del pavimento, rendendo gli oggetti riciclati in vendita i veri protagonisti.

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Da 2 metri di altezza fino al soffitto il colore verde copre tutto, in netto contrasto con gli elementi della vecchia industria dell’acciaio, come la griglia in cemento armato e vecchi tubi di scarico precedentemente utilizzato per macchine da taglio.

Si costruirà poi “un edificio all’interno di un edificio”, basato su elementi prefabbricati che ricordano strutture a serra. Queste mini–celle che conterranno attività quali uffici, aule e spazi collettivi, saranno inserite all’interno dei volumi principali esistenti dedicati allo stoccaggio e alla vendita.

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Questa scelta di “costruire nel costruito” permette di contenere l’impiego di risorse materiali in linea con la filosofia low–cost dell’azienda che punta alla responsabilità ambientale e sociale per il risparmio energetico.

Il recupero della casa sul Monte del prete

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A Ispra – Varese – sul Monte detto “del prete” affacciato verso il lago di Varese, un modesto edificio rurale abbandonato da tempo e ridotto a rudere, ormai destinato al perenne oblio, è stato recuperato e trasformato in abitazione. Tutto ciò che sembrava ormai irrecuperabile e insanabile è stato sfruttato dai progettisti dello studio Albori per creare un luogo accogliente e privilegiato per osservare il passaggio delle stagioni.

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Il volume della casa sul Monte del prete è un semplice parallelepipedo a base rettangolare sormontato da un tetto a doppio spiovente. Prima dell’intervento erano rimasti in piedi tre muri perimetrali in pietra, mentre il quarto lato era crollato ad eccezione del pilastro che sorreggeva quello che rimaneva della copertura.

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La Commissione Edilizia locale ha imposto il rifacimento del lato mancante mantenendo la tipologia degli edifici agricoli della zona nei quali la porzione di edificio inferiore appare “pesante”, mentre la porzione superiore appare “leggera”. Questo vincolo ha guidato le scelte progettuali stimolando la ricerca di soluzioni integrabili con il manufatto esistente.

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La casa è disposta su due livelli: al piano terra è situata la zona notte con due ampie camere da letto e un bagno, mentre al livello superiore sono collocati il soggiorno e la cucina. In questo modo il basamento della casa non necessita di grandi aperture finestrate e risulta così opaco, mentre il primo piano è invaso dalla luce poiché un intero lato è trasparente. Infatti, il prospetto costruito ex novo è costituito da una doppia parete: un muro in mattoni Poroton è celato da una struttura in legno che è stata messa in opera in modo da creare al piano terra delle nicchie per accatastare la legna e al livello superiore un telaio per realizzare un frangisole. È stato così possibile schermare dal sole la porzione di facciata interamente vetrata attraverso l’inserimento di una serie di rami e tronchetti di robinia disposti orizzontalmente e raccolti nel bosco limitrofo.

Un balcone in legno è stato inserito sul prospetto che si affaccia verso il lago. La complessa struttura di sostegno permette di utilizzare il riparo creato dall’aggetto orizzontale per il ricovero della legna e sfrutta uno squarcio esistente presente nel muro in pietra.

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A lato dell’abitazione era posizionata una piccola e bassa costruzione, utilizzata forse un tempo come ricovero per animali, della quale rimaneva soltanto il perimetro delle mura in pietra: questo manufatto è stato trasformato in vasca per la raccolta dell’acqua piovana che viene convogliata dal tetto. A prima vista sembra una semplice pozza d’acqua decorativa, invece un condotto collega la piscina ad una cisterna posta sotto il livello del terreno che mantiene l’altezza del liquido costante. L’acqua viene poi sfruttata per irrigare il giardino.

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