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Channel: Bioedilizia in Italia: progetti italiani di architetture ecosostenibili
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La prima CasaClima in Sicilia

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È stato inaugurato a Marzo il primo edificio certificato CasaClima nella Regione Sicilia. La residenza unifamiliare si trova nel paese di Mascalucia, a 600 m di altitudine sul versante meridionale dell’Etna, in zona climatica C. L’abitazione è stata realizzata seguendo i protocolli CasaClima Gold e Passivhaus ed è la prima nel suo genere in Sicilia. È un progetto pilota che fa parte del più ampio PassREg, Passive House Regions with Renovable Energies, progetto europeo volto a incentivare la diffusione degli edifici a energia quasi zero sul territorio.

Casaclima Awards 2013: il progetto vincitore è Villa Gioia in Puglia

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L’edificio siciliano, che prende anche il nome di “progetto Botticelli” per l’ubicazione nell’omonima via, è stato progettato dall’ing. Carmelo Sapienza, consulente energetico CasaClima, e dall’arch. Pina Giovanna Capace.
Con un attenta progettazione si è quindi raggiunto l’indice di prestazione termica di appena 5 kWh/mqa ed la classificazione di edificio a zero emissioni, con un efficienza complessiva di – 33 Kg di CO2/mqa.

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CARATTERISTICHE: L’INVOLUCRO

Lo studio dell’abitazione comincia dalla sua posizione e dal suo orientamento: l’edificio è orientato sui 45 gradi sud–est, per ottimizzare gli apporti solari gratuiti e sfruttare la direzione dei venti dominanti in quella zona.

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L’involucro è caratterizzato da una spessa parete perimetrale in laterizio porizzato di 30cm, rivestita sull’esterno con un cappotto in lana di roccia di 20cm. La copertura inclinata, realizzata con un solaio in calcestruzzo è rivestita con 14+14cm di lana di roccia.

La struttura perimetrale così massiccia garantisce valori ottimali di sfasamento e smorzamento dell’onda di calore (12 ore di smorzamento garantiscono che l’onda di calore entri all’interno dell’abitazione nelle ore notturne, più fresche e maggiormente ventilate).
È stato poi scelto il colore bianco di pareti e copertura in modo da riflettere, soprattutto nel periodo estivo molto caldo, più del 70% della radiazione solare incidente. Per la soluzione dei ponti termici esistenti è stato utilizzato del calcestruzzo alveolare autoclavato, posto a risolvere le discontinuità.

I serramenti ad alte prestazioni termiche ed acustiche sono monoblocchi che ospitano in sè anche il sistema di oscuramento e la zanzariera.

CARATTERISTICHE: GLI IMPIANTI

L’intero sistema di raffrescamento e riscaldamento è ad aria: l’impianto di ventilazione è costituito da 9 bocchette di aspirazione e 9 di immissione con una prestazione di 350mc/h.
La pompa di calore ad aria sfrutta il preriscaldamento invernale e il preraffreddamento estivo dell’aria che passa in tubazioni sotterranee, e che quindi resta ad una temperatura costante di circa 14°C.

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L’abitazione sfrutta poi un impianto fotovoltaico di 8KWp posto in copertura che copre totalmente il fabbisogno elettrico dell’edificio e che consente anche l’asportazione dell’energia in esubero nella rete nazionale.

Sempre in copertura vi è il solare termico che copre il fabbisogno di acqua calda sanitaria. A controllo e gestione del complesso sistema–edificio è un sistema di domotica avanzata che, rilevando costantemente i dati climatici e le prestazioni dell’edificio, controlla il funzionamento di tutti questi impianti.


La tecnica in balle di paglia portanti. Un workshop per imparare sul campo

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Preparate cazzuola, guanti e caschetto! Dall’8 al 14 settembre si terrà il workshop “La tecnica in balle di paglia portanti”, per imparare, direttamente sul campo, a realizzare costruzioni in paglia. Sporcandosi le mani, una balla dopo l’altra, sarete chiamati a realizzare dei piccoli edifici all’interno di un’azienda agicola. Un piccolo tassello per un progetto più ambizioso: Fattoria 42, organizzato da Beyond Architecture Group per realizzare, workshop dopo workshop (20 in totale), l’intera azienda agricola, con materiali naturali e sperimentali. Composta da una residenza, un laboratorio per la produzione e degustazione di prodotti agricoli, delle stalle per la fattoria didattica, una serra e una biopiscina, quest’azienda sarà autocostruita da centinaia di persone.

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Nello specifico, il workshop della seconda settimana di Settembre è dedicato alla realizzazione di 5 stalle in balle di paglia portanti. Grazie ai tutor, tutti esperti del settore, ai partecipanti sarà insegnato, ed illustrato praticamente, come predisporre le fondazioni dei muri e le stesse balle di paglia, da sagomare e comprimere per aumentarne la resistenza. I partecipanti, al termine del workshop, saranno anche in grado di eseguire l’intonacatura di un edificio in balle di paglia e tutte quelle operazioni che mettano la struttura in sicurezza e, ovviamente che la rendano un posto piacevole da vivere.

Il cantiere si trova vicino al borgo medioevale di Toffia, in una splendida valle della Sabina, a circa 40 km a nord–est di Roma. I partecipanti, provenienti da tutto il mondo, vivranno e lavoreranno in una valle incontaminata. Sulle rive di un torrente, un prato verde diventa l’area campeggio per ospitare i partecipanti e una location perfetta per riunirsi intorno ad un fuoco la sera.

Scarica il programma del workshop ed i dettagli per l’iscrizione

Il vecchio fabbricato rurale diventa villa gentilizia

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In Sicilia tra i monti Iblei a nord di Ragusa sull’altopiano collinare che si affaccia sul mar mediterraneo i resti di alcuni fabbricati rurali destinati al ricovero del bestiame sono stati riadattati e trasformati in villa gentilizia. L’architetto Francesco Nicita si è lasciato ispirare dal luogo a vocazione rurale, dalle tracce delle antiche costruzioni trovate sul lotto e da alcuni elementi tipici come la corte principale, gli orti conclusi e i giardini formali.

CASA TALÌA: RESTAURO E SLOW LIVING IN SICILIA  

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L’abitazione è costituita da diversi fabbricati disposti su di un lotto a forma di L delimitato dai tipici muri a secco in pietra calcare che identificano il paesaggio agricolo circostante. Il volume principale della villa è formato da due costruzioni gemelle affiancate, un tempo entrambe adibite a stalla. La prima delle due è il risultato della ristrutturazione dell’esistente, mentre quella adiacente è un’edificazione ex novo sul sedime della stalla ormai irrecuperabile.

caption:© Jaipeg lab

caption:A sinistra, © Jaipeg lab; a destra © Francesco Nicita

La tipologia del parallelepipedo sormontato da un tetto a doppio spiovente è stata mantenuta e replicata seguendo anche la medesima posizione delle aperture. La differenza dei materiali e delle soluzioni tecniche adottate per la realizzazione dei due fabbricati permette un dialogo sincero tra l’esistente e il nuovo: da un lato ci sono la pietra calcarea e il legno e dall’altro il calcestruzzo utilizzato sia per i muri sia per i pavimenti.

La casa si sviluppa su due livelli collegati attraverso una scala interna in ferro con gradini in pietra lavica. Al piano terra è collocata la zona giorno in contatto diretto con il giardino e con la piscina. Al primo piano trovano posto due camere da letto con relativi bagni e uno studio che si affaccia sulla doppia altezza del soggiorno.

caption:© Francesco Nicita

caption:© Giorgio Biazzo

All’interno del giardino sono stati realizzati altri due piccoli corpi di fabbrica: uno destinato a laboratorio e l’altro ad autorimessa. I due edifici accessori, collegati tra loro attraverso un tunnel in calcestruzzo a vista, si distinguono giacché uno è in acciaio e vetro mentre l’altro è in muratura.

Milano smart city

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Trasformare Milano in una smart city è un obiettivo basilare per la crescita della città, soprattutto per collegarla alla grande rete europea e internazionale. Il ruolo chiave della capitale del Nord Italia è quello di trainare il Paese verso un'Europa sempre più competitiva sul fronte sostenibilità. L'iniziativa Milano Smart City parte dal concetto che una smart city non coltiva solo la sua componente tecnologica, ma deve coniugare sviluppo economico ed inclusione sociale, innovazione e formazione, ricerca e partecipazione. A questo scopo è fondamentale attivare a promuovere sinergie tra aziende, istituzioni ed associazioni che operano nel territorio per raggiungere una smart governance in grado di amministrare la nuova città.

cos'è una smart city? I progetti per Milano, Ascoli e Bari

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 7 LABORATORI D'INTERVENTO

1.Città globale, laboratorio nazionale ed europeo

Milano promuove un continuo confronto sul tema smart city con le principali città europee ed internazionali sia attraverso network sia con la realizzazione di progetti atti a coinvolgere aziende ed università del panorama europeo: un modo per favorire lo scambio di competenze e crescere in modo paritario assieme all'Europa.

2.Laboratorio della mobilità urbana e sostenibile

La città si impegna a riorganizzare e gestire al meglio la domanda di mobilità, sviluppando il trasporto pubblico e promuovendo sistemi innovativi come sharing e peer2peer. Muoversi in città non solo deve diventare un qualcosa di agevole e piacevole, riducendo al minimo i consumi e migliorando la qualità della vita, ma deve essere anche un modo per coinvolgere i cittadini in programmi di sensibilizzazione portati da uno sviluppato sistema di info-mobilità.

3.Laboratorio delle politiche ambientali ed energetiche

Utilizzare la tecnologia per raggiungere degli standards altissimi in campo energetico e salvaguardare l'ambiente. Milano mira ad avere il tasso europeo di raccolta differenziata più alto tra tutte le città che superano il milione di abitanti e promuove la realizzazione di una rete energetica intelligente per gestire l'illuminazione pubblica urbana e l'efficienza energetica degli edifici.

4.Laboratorio di inclusione sociale e diversity

Politiche mirate all'inclusione sociale per garantire le pari opportunità e l'abbattimento dei pregiudizi in tutte le classi sociali, vengono supportate da una serie di nuovi strumenti che favoriscono la socialità e promuovono l'utilizzo di servizi comuni.

5.Laboratorio del benessere in città

L'approccio a Milano Smart City deve essere supportato da una continua formazione che renda coscienti e che accompagni i cittadini nel percorso di trasformazione verso una cultura del benessere. L'idea è quella di rendere partecipativi i cittadini nella gestione degli spazi verdi e dei luoghi pubblici, in modo da renderli consapevoli e portarli dal ruolo di spettatori a quello di attori.

6.Laboratorio di semplificazione per la PA

Semplificare e rendere chiaro a tutti il processo della Pubblica Amministrazione in modo da mettere al centro il cittadino. Facilitare l'accesso ai servizi, attraverso i sistemi telematici, per snellire i tempi burocratici e dare trasparenza alla struttura per avere accesso immediato alle informazioni ed ai dati. Il cittadino deve sentirsi assistito e sicuro in ogni rapporto con la PA.

7.Laboratorio della generazione d'impresa

Creare produttività attraverso le università e la ricerca ed avere un approccio coordinato con le istituzioni e con i partners privati per sfruttare tutte le opportunità di crescita. Capofila del sistema è il progetto per l'EXPO 2015 facendo attenzione a sfruttare al meglio le opportunità per trasformare la città senza perdere di vista i prodotti locali, anzi sapendo valorizzarli al meglio.

Milano può diventare la locomotiva dell'Italia non solo per le strategie ideate e per le tecnologie di cui dispone, ma soprattutto per una volontà di porre il cittadino al centro del sistema urbano favorendone la partecipazione attiva. Non può esistere una smart city senza gli smart citizens, formati con maggiore attenzione alle tematiche sostenibili ed in grado di essere partecipativi in un sistema urbano fortemente evoluto. 

Adottare una stazione ferroviaria dismessa e riqualificarla

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Qualcuno ha mai pensato ad adottare una stazione ferroviaria dismessa? Oggi, grazie all’iniziativa promossa dal Gruppo Ferrovie dello Stato che ha avviato un piano di riqualificazione delle infrastrutture dismesse e/o impresenziate, è possibile. Il piano prevede la concessione in comodato d’uso delle strutture a coloro che si occuperanno della manutenzione o per attivare progetti sociali e culturali. Il piano si è reso necessario perchè la tecnologia, seppur positiva per il progresso e lo sviluppo delle attività – comprese quelle relative ai trasporti –  ha portato anche alla dismissione di numerose piccole stazioni che oggi ormai non hanno più bisogno della presenza fisica del personale ferroviario poiché sono gestite a distanza mediante dispositivi informatici. Col tempo si è incorsi in vere e proprie azioni vandaliche e in un abbandono indecoroso nei confronti di numerose delle circa 1.700 le stazioni impresenziate della Rete Ferroviaria Italiana.

Piste ciclabili lungo la costa ligure dalla rigenerazione della linea ferroviaria

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Come funziona l’adozione di una stazione?

Tramite contratti di comodato d’uso gratuito ad associazioni e comuni si intraprendono progetti sociali che abbiano ricadute positive sul territorio e sulla qualità dei servizi offerti, avvalendosi proprio delle stazioni; ad oggi circa 480 stazioni già sono state assegnate. Per il riuso sociale e ambientale di questi immobili sono stati sottoscritti dei Protocolli d’Intesa con la Regione Toscana, Legambiente, AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile), CSVnet (Centri di Servizi per il Volontariato) e Legacoop Sociali.

Ma non è tutto: poichè del patrimonio FS fanno parte anche 3.000 km di linee ferroviarie dismesse, di cui 325 km sono stati destinati a greenways per piste ciclabili e percorsi verdi accessibili a tutti (cosiddetta “mobilità dolce”), il Gruppo FS ha deciso di definire un Piano Nazionale di Greenways, seguendo l’esempio spagnolo, coinvolgendo le Istituzioni pubbliche e le principali associazioni ambientaliste. 

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Quali sono i risvolti positivi di tutto ciò?

Sarà garantita a questi immobili e alle loro pertinenze la manutenzione base.  

  • Si rivaluterà il territorio concedendo ad enti locali, associazioni e imprenditori che intendano promuoverlo attraverso attività a carattere sociale, culturale o turistico, compreso il volontariato con l’operato di associazioni no profit.
  • Sarà favorito lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile dato che le strutture possono essere concesse anche per attività tradizionali di recupero dell’artigianato locale, oppure per l’apertura di bar, ristoranti, gelaterie e tabaccherie.

La lista completa di tutte le sedi di Direzione Territoriale Produzione della rete di ferrovie italiane può essere consultata sul sito Rfi.it

Rome Community Ring: un progetto per i 15 forti della Capitale

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Forte Portuense è uno dei 15 forti di Roma edificati a fine ‘800 a difesa del territorio circostante la capitale. Come 8 delle 15 costruzioni militari, prende il nome dalla strada che doveva difendere. Scarsamente utilizzati per via dell’eccessiva vicinanza alla città e per la diffusione di sistemi balistici a lunga gittata che li avrebbero scavalcati con facilità, i forti, solo dopo una trentina di anni dopo la loro realizzazione, furono radiati dal novero di fortificazioni dello Stato e destinati a caserme e depositi.

Dopo anni di abbandono, Forte Portuense, uno dei tesori nascosti di Roma, apre al mondo dei progettisti per diventare il primo elemento di un anello di strutture d’avanguardia, deputate a cultura, benessere ed intrattenimento.

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I progettisti sono chiamati ad immaginare la trasformazione del forte non solo come centro isolato di servizi locali, ma anche e soprattutto come primo di una serie di interventi sui 15 forti della capitale. L’idea infatti è quella di coinvolgere l’intero sistema difensivo della Roma dell’800 nel progetto “community ring”: un anello di strutture sportive, per il benessere, da dedicare ad attività culturali e per il turismo. Un progetto che da un forte all’altro abbraccia la città, e a 360 gradi, come il suo sviluppo in pianta, coinvolge la vita dei cittadini romani e dei turisti.

E’ Young architects competitions (YAC) a lanciare la sfida. Il concorso è promosso dall’Amministrazione della città di Roma con la collaborazione dell’Università La Sapienza e Progetto Forti. Il lancio ufficiale del concorso, che mette in palio 15 mila euro, è previsto per il 13 Ottobre. 

Censimento FAI "I luoghi del cuore" da tutelare. Vota il tuo

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Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, opera già da molti anni e si occupa di curare, promuovere e tutelare i beni culturali sul territorio italiano. L’associazione dichiara ufficialmente di: curare i luoghi italiani speciali per le generazioni presenti e future; “promuovere l’educazione, l’amore, la conoscenza e il godimento per l’ambiente, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione” e “vigilare sulla tutela dei beni paesaggistici e culturali, nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione”.

Il FAI ha attualmente 29 luoghi costantemente aperti al pubblico, 50 beni tutelati e 100 manifestazioni l’anno organizzate per promuovere i siti d’interesse comune. 

Nella foto in alto il santuario della Madonna del Dosso a Casalmoro (MN).

CENSIMENTO LUOGHI DEL CUORE

Per rispondere meglio agli obiettivi sopra elencati il FAI, in collaborazione con Intesa San Paolo, nel 2003 ha coinvolto tutti i cittadini nella segnalazione dei luoghi da tutelare e conservare. Il progetto “I luoghi del cuore” consente a tutti di segnalare un particolare luogo naturale, una chiesa, un palazzo, un ambiente caratteristico e importante per le generazioni presenti e future ed eventualmente garantirne la tutela FAI.

Il primo censimento ha portato al FAI oltre 24 mila segnalazioni, diventate poi oltre 90 mila nel 2004. Negli anni successivi si è avuta una crescita esponenziale dell’interesse da parte dei cittadini fino ad arrivare al 2012 quando, con l’apertura del progetto a livello internazionale, si è raggiunto 1 milione di segnalazioni.

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INTERVENTI

Nell’arco di questi dieci anni, dall’inizio del progetto "I luoghi del cuore" , sono stati votati oltre 31 mila luoghi sparsi su tutto il territorio italiano. Proprio grazie a queste segnalazioni sono stati restituiti alla comunità 45 luoghi su cui il FAI è intervenuto con progetti di tutela e restauro.

I luoghi su cui concentrare l’attenzione sono stati scelti in base a numero di segnalazioni, valenza storica e artistica, importanza del sito per il territorio e fattibilità dell’intervento. A seguito dell’edizione del 2012 e della redazione delle “Linee Guida per la definizione degli interventi”, che dà un possibilità ai luoghi con più di 1000 segnalazioni, altri 16 interventi sono stati messi in programma.

Anche in questo settimo censimento indetto nel Maggio 2014 i portatori di interesse di beni che hanno raggiunto 1000 voti possono presentare al FAI e al Ministero dei Beni Culturali una specifica richiesta di intervento.

Il termine per votare il proprio luogo del cuore è il 30 Novembre di quest’anno.

Tutti siamo invitati a interessarci, promuovere, tutelare e quindi segnalare i luoghi che più ci stanno a cuore.

Il nuovo Orto Botanico di Padova, tra tecnologia e natura

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Nello storico orto botanico di Padova, uno dei più antichi orti universitari del mondo e patrimonio mondiale Unesco, è stata da pochi giorni inaugurata una nuova sezione: il giardino della Biodiversità. Il complesso progetto, elaborato dall'architetto Giorgio Strappazzon dello studio VS associati, spazia dal restauro del giardino esistente alla progettazione dell’ampliamento dei sui confini storici, attraverso edificio high tech, che ospita cinque serre.

IL MUSEO DELLA BIODIVERSITÀ DI FRANK GEHRY A PANAMA

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IL GIARDINO DELLA BIODIVERSITÀ DELL'ORTO BOTANICO

La nuova architettura è posizionata in un contesto di altissimo valore storico, collegando visivamente il complesso di Santa Giustina e Sant'Antonio di Padova, e nasce come ampliamento del cinquecentesco Hortus cintus

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L’edificio di nuova costruzione dell'orto botanico si presenta come un blocco di vetro, lungo 100 metri e alto 18 metri. Al suo interno, 5 serre tematiche per rappresentare la biodiversità delle specie vegetali nel mondo: un viaggio immaginario nelle diverse aree del globo, partendo dall’equatore fino a sfiorare i poli. I microclimi nelle serre mutano al loro interno: dalle condizioni favorevoli per la vita con abbondate umidità e alte temperature, tipiche della foresta pluviale, fino alle condizioni più estreme, dove freddo e scarsa umidità rendono il proliferare della vegetazione difficile. Il percorso, dalla foresta pluviale tropicale, passando poi per la foresta tropicale sub umida e la savana, il clima temperato e mediterraneo, il clima arido, la tundra artica, tundra alpina si conclude nell’Antartide.

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Il nuovo blocco ospita ben 1.300 specie vegetali diverse, ampiamente descritte attraverso sistemi digitali, grazie alla app sviluppata ad hoc, ma anche attraverso pannelli espositivi in vetro temperato di grandi dimensioni con stampe digitali. La scelta dell’allestimento in vetro stampato è innovativa, ma soprattutto efficiente: il vetro è in grado di resistere alle condizioni climatiche delle serre e allo stesso tempo riduce i riflessi.

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L'ampliamento costituito dalle serre sulla Biodiversità è già conosciuto come il “Giardino delle meraviglie”, non solo per la varietà della vegetazione che ospita, ma anche per il grado di innovazione che caratterizza il progetto: è il progettista stesso a definirlo “una grande foglia che respira, che produce ossigeno, che si apre e si chiude per regolare la sua temperatura”. La regolazione dei suoi microclimi è gestita da sistemi informatizzati: una app gestisce i valori di ossigeno e temperatura delle piante per creare il clima ottimale all’interno di ogni serra.

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Un’attenzione particolare nel progettare l’edificio è stata data all'efficienza energetica dello spazio espositivo. L’impatto sull’ambiente è minimo, dato che la sua forma, l’uso degli spazi e dei materiali, sono progettati per sfruttare al massimo l’energia solare, recuperare le acque piovane e renderlo autosufficiente dal punto di vista energetico ed idrico. Una nanotecnologia applicata sulle superfici interne ed esterne abbatte in maniera significativa l’inquinamento atmosferico, sfruttando i raggi ultravioletti per dal luogo ad una reazione chimica che è in grado di ripulire l’aria dagli agenti inquinanti.

Un progetto complesso, che sicuramente ha visto impegnato un team multidisciplinare, focalizzato sul raggiungimento di un unico obiettivo: un esempio di innovazione.


Corridoi europei: gli interventi TAV prioritari per l'Italia

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La crescita delle infrastrutture di trasporto è sempre stato un nodo chiave nelle politiche di sviluppo economico e coesione sociale dell'Europa, fin dalla Conferenza Pan-Europea del 1992. Sicuramente le questioni che riguardano il trasporto pubblico non sempre sono trattate con la dovuta attenzione che meriterebbero, almeno in Italia, ma il progetto globale che riguarda l'estensione delle reti europee potrebbe essere l'incentivo per rafforzare i principali canali italiani e renderci competitivi in un'ottica continentale attraverso gli interventi della Tav.

HUBS E STAZIONI INTERMODALI PER LO SVILUPPO DI UNA CITTÀ SOSTENIBILE

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I LIVELLI DEL TEN-T

Il sistema globale di reti di scambio trans-europee, che prende il nome di TEN-T (Trans-European Transport Network), racchiude un intreccio complesso di trasporto multimodale che collega i Paesi dell'Unione con una griglia che si prolunga poi verso il continente asiatico.

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Per permettere una buona accessibilità di tutti i Paesi alla rete sono stati individuati due livelli d'intervento:

  • il “Comprehensive Network” (Rete completa) che individua tutte le parti che permettono alle regioni europee di essere collegate tra loro e comprende le reti stradali, ferroviarie, fluviali, marittime e aeree e i relativi interscambi;

  • il “Core Network” (Rete principale) al quale appartengono tutti quei tratti di rete considerati principali perché strategicamente rilevanti nell'ottica dello sviluppo Europeo.

In base a questa divisione vengono individuati gli interventi di carattere prioritario e le criticità della rete che devono essere risolte primariamente per permettere lo sviluppo di un traffico transnazionale efficiente e sostenibile.

GLI INTERVENTI ITALIANI NEI CORRIDOI EUROPEI

Corridoio Scandinavo-Mediterraneo (Berlino-Palermo)

Asse basilare per l'economia europea, attraversa il continente da Nord a Sud collegando l'Italia ad alcune delle principali città tedesche. Tra gli interventi per il corridoio c'è la costruzione del tunnel del Brennero che dovrebbe collegare Italia e Austria e favorire un collegamento transalpino di gran lunga più veloce dell'attuale ferrovia. L'intervento si affianca alla costruzione della rete ferroviaria ad alta velocità, già conclusasi nel 2009, che collega Napoli a Milano passando per Roma. Il risultato di questi interventi dovrebbe essere il potenziamento del traffico che parte dall'Italia e attraversa l'Europa centrale.

Corridoio Mediterraneo (Lisbona-Kiev)

Attraversa i Paesi mediterranei con l'obbiettivo di creare da un lato il collegamento tra i porti dell'ovest ed il centro Europa, e dall'altro rafforzare gli scambi con i paesi dell'est. Le tratte fondamentali per gli interventi italiani sono principalmente tre: Lione-Torino, Torino-Trieste e Triste-Lubiana. Ad oggi le problematiche legate allo sviluppo della rete sono parecchie a partire dalle pesanti proteste no TAV della Val di Susa che rallentano gli accordi con i francesi già pronti a fare la loro parte.

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Problemi ci sono anche nella realizzazione della tratta Torino-Trieste che procede a singhiozzo con una serie di interventi realizzati a spezzone che impediscono il corretto funzionamento e che si arrestano definitivamente nella terraferma veneziana. Impossibile proseguire dopo gli studi degli impatti nelle zone turistiche balneari della costa veneta e friulana e il blocco imposto da Trieste che impediscono anche il proseguimento della tratta verso i paesi dell'Est.

Corridoio dei due Mari (Genova-Rotterdam)

Il corridoio, che si sviluppa in direzione parallela al corridoio Scandinavo-Mediterraneo, potrebbe portare numerosi vantaggi all'Europa diventando una delle spine più importanti di trasporto merci su rotaia. Sebbene in Italia non tutti guardino con gran interesse agli interventi prioritari dell'Unione, che favoriscono le grandi opere a sfavore del potenziamento delle reti locali più disagiate, i lavori previsti per l'asse Genova-Rotterdam potrebbero portare enormi vantaggi anche a livello locale. Gli interventi previsti andrebbero ad agire su Genova e Milano, due dei principali nodi italiani fortemente congestionati, per collegarsi al nuovo tunnel ferroviaria del Gottardo. Le difficoltà riguardano più che altro gli interventi sul territorio ligure per la sua conformazione geomorfologica mentre il tunnel del Gottardo dovrebbe essere inaugurato nel dicembre 2019.

Corridoio Baltico-Adriatico (Ravenna-Gdynia)

L'asse Baltico-Adriatico attraversa le regioni dell'Europa centro-occidentale, l'Austria e l'Italia, creando un collegamento tra i porti del Mar Baltico con quelli dell'Adriatico. Il ruolo chiave di questo corridoio non è solo favorire la crescita degli scambi commerciali ma creare un vero e proprio sistema per favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi che si trovano lungo l'asse. In Italia i lavori procedono lentamente a causa dei problemi, già citati, derivanti dalla costruzione del corridoio Mediterraneo che condivide col corridoio Baltico il tratto Venezia-Trieste. Risulta invece essere ad un livello più avanzato lo sviluppo della tratta a sud di Venezia attraverso Bologna, con la sola eccezione del collegamento Ravenna-Bologna che deve essere ancora perfezionato. Ha fatto importanti passi avanti inoltre la proposta di prolungare il corridoio su tutta la costa adriatica includendo i porti di Ancona, Bari e Brindisi. Un intervento che potrebbe portare grossi benefici alla penisola collegando il corridoio Baltico-Adriatico con quello Adriatico-Nero che parte da Bari e giunge a Varna passando per il porto albanese di Durazzo e la capitale Tirana, Scopje in Macedonia, e Sofia in Bulgaria.

Ad oggi l'attuazione degli interventi previsti è risultata insufficiente portando una serie di svantaggi notevoli a tutto il Paese. Così mentre oltre confine si sono raggiunti livelli avanzati d'intervento, l'Italia continua a rimandare gli accordi presi danneggiando se stessa e gli scambi commerciali con l'Europa. A pesare sono soprattutto i mancati collegamenti tra i porti Italiani e i Paesi dell'Unione e i pesanti disagi nei trasporti presenti in tutto il territorio della penisola.

Osservare le stelle in un guscio di pallet. L’installazione Look (C)up

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Musica, storia ed architettura insieme convivono e sprigionano energia vitale. Ce lo ha dimostrato BAG Beyond Architecture Group, un gruppo di architettura con sede Roma che, in occasione del Festival musicale “Frammenti” di Frascati ha realizzato un’installazione temporanea all’interno del Parco archeologico e culturale del Tuscolo.

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La struttura nasce per immergersi nelle note del celebre festival, ormai alla sua 14° edizione, e si colloca in uno scenario unico al mondo, in un parco archeologico che racconta parte della storia di Roma, dal periodo pre-romano in cui fu costruita la città di Tusculum, al Medioevo in cui la sua potenza iniziò a decadere, fino all’abbandono e al saccheggio nel 1191.

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Voluto dall’associazione “Semintesta” di Frascati, possiamo definirlo “arredo sperimentale”. A costruirlo, un folto gruppo di giovani che, dovendo riflettere sul tema dello spazio inteso come un luogo desiderato, ha scelto la forma di un osservatorio astronomico rovesciato, anche per un parallelo con l’esistente Osservatorio del Tuscolo. Quale momento migliore per riflettere sullo spazio se non il momento in cui, di notte, guardiamo il cielo e le stelle?

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Il team di lavoro, guidato dall’architetto Paolo Robazza di BAG, ha recuperato il materiale necessario alla realizzazione della struttura da 120 pallet usati. Smontati i pallet, oltre al legno, sono stati riutilizzati perfino i chiodi! L’installazione si compone infatti di tanti listelli di legno collocati l’uno sull’altro in forma circolare, irregolarmente. Si crea così una distribuzione eterogenea delle fessure, che dall’esterno lascia solo intravedere cosa c’è dentro. Quanto basta per convincere ad entrare! Delle belle amache colorate poste ad altezze diverse, pendono dai bordi della struttura, capovolgendo l’idea del pensatore solitario comodamente sdraiato su un’amaca, rendono la riflessione un’esperienza collettiva.

Un’occasione per stare comodi e perdersi nell’osservazione delle galassie ascoltando la musica.

La prima casa passiva in canapa e calce in Italia

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A Cascina, in località San Prospero, provincia di Pisa, si sta realizzando la prima casa passiva in canapa e calce che garantirà il massimo risparmio energetico, tanto da evitare l’installazione degli impianti di riscaldamento e condizionamento. È l’inizio di un allontanamento dalle fonti non rinnovabili? Ce lo auguriamo.

RISTRUTTURARE I TRULLI PUGLIESI CON LA CANAPA

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COME PROCEDE IL CANTIERE DELLA CASA PASSIVA

Intanto il cantiere della casa passiva procede con la costruzione di una villetta a due piani e l’uso prevalente di un biocomposto in canapa e calce. Con questo tipo di materiale, naturale e traspirante, si possono creare abitazioni ottimamente isolate dal punto di vista termico e acustico, ambienti salubri e il massimo comfort abitativo, oltre a un eccellente risparmio energetico e un ridottissimo impatto ambientale.

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QUALITÀ DELLA CANAPA IN EDILIZIA

È rilevante sottolineare che la pianta della canapa ha indubbie qualità ecosostenibili: della pianta non si spreca nulla, ha un ciclo di crescita molto rapido (fino a sei metri di altezza in quattro mesi) e sottrae una grande quantità di anidride carbonica dall’ambiente, in misura maggiore di quella immessa in atmosfera per la produzione del biocomposto, che si aggira intorno ai 60 kg per metro cubo.

Per questi motivi si spera di assistere a una riscoperta della coltivazione della canapa che ha purtroppo attraversato, negli scorsi decenni, un periodo di proibizionismo ma che ora potrebbe portare a una rivoluzione nell’edilizia green, nel settore tessile, alimentare e nella produzione di carta sostenibile.

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CARATTERISTICHE DELLA VILLETTA

La struttura portante della villetta è in legno FSC, mentre i muri di tamponamento, dello spessore di 36 cm, sono composti dal nuovo materiale in canapa e calce, spruzzato in un’unica posa su lastre in fibrogesso e utilizzato anche per isolare termicamente la copertura, garantendo la massima traspirabilità. All’esterno, la finitura sarà realizzata con un intonaco di bio-calce naturale, con spessore di 1,5 cm e uno speciale trattamento idrorepellente.

In questa casa passiva, progettata dallo Studio Architetti Associati quiquoqua, dato l’elevato livello di isolamento termico invernale ed estivo prodotto da questo nuovo materiale, non sarà necessario installare un impianto di riscaldamento o condizionamento ma verrà solo inserito un impianto di ventilazione meccanizzata con recupero di calore pari al 98%.

Per le sue caratteristiche di comfort abitativo, per gli elevati standard di sostenibilità e per le eccellenti prestazioni energetiche, la casa passiva di Cascina potrebbe ottenere la più alta certificazione energetica CasaClima, CasaClima Gold Nature.

Noi facciamo il tifo.

Il primo McDonald's certificato CasaClima

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L’Agenzia CasaClima, ente di certificazione autonomo della Provincia di Bolzano, ha conferito al ristorante McDonald’s di San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, la certificazione CasaClima Nature. La cerimonia è avvenuta il giorno 8 Ottobre alla presenza di Ulrich Klammsteiner, vice direttore dell'Agenzia CasaClima e Alessandro Moscardi, Development Director di McDonald's Italia.  Alessandro Moscardi dichiara: "La certificazione CasaClima Nature ci è stata assegnata grazie ai risultati ottenuti con la costruzione del nostro nuovo ristorante di San Giovanni Lupatoto, alle porte di Verona. Questa esperienza non vuole però restare isolata, bensì diventare uno standard comune a tutte le nuove aperture di ristoranti nella formula McDrive, una decina all'anno. La certificazione CasaClima Nature è un ulteriore step del percorso di sostenibilità che vede in McDonald's un miglioramento costante delle tecnologie e dei materiali e una riduzione continua della produzione di CO2".

Mc Donald’s ha iniziato nel 2009 una campagna di riduzione di impatto ambientale.

ARCHITETTURA E TIPOGRAFIA: IL RISTORANTE CHE OMAGGIA LA SCRITTURA

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I RISTORANTI MC DONALD'S IN ITALIA

Dal 2009 al 2013 Mc Donald’s ha ottenuto i seguenti risultati sul territorio italiano: 

  • 600 tonnellate di cellulosa all’anno non utilizzata rispetto al periodo precedente; 
  • 16,5 milioni di litri d’acqua risparmiati ogni anno;
  • 53% in meno di emissioni di anidride carbonica in quattro anni (da 1kg per scontrino nel 2009 a 0.51kg nel 2014);
  • 50 tonnellate in meno di anidride carbonica per ogni ristorante;
  • 90% di riciclabilità dei materiali utilizzati nella costruzione dei ristoranti;

Questo notevole risparmio è dovuto in parte all’utilizzo di nuove e più moderne tecnologie e dall’altro ad una maggiore sensibilità e attenzione verso questi temi.

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IL RISTORANTE DI SAN GIOVANNI LUPATOTO

La costruzione del McDonald’s di S.Giovanni si inserisce a pieno in questo progetto globale della società di ristorazione e che gli ha fatto ottenere la certificazione CasaClima. In particolare questo ristorante ha raggiunto la classe energetica B con un consumo annuo di 15,08 KWh, il 23% in meno di un ristorante tradizionale.

Sulla copertura è installato un impianto fotovoltaico che, unitamente ai convogliatori di luce naturale, fa risparmiare un totale di 7000 KWh di energia annua, in grado di coprire il fabbisogno del ristorante di 10 mesi. Il vetro cellulare utilizzato per la copertura e il calcestruzzo cellulare delle strutture sono materiali totalmente riciclabili.

Particolare attenzione anche all’aspetto igienico: la pavimentazione è antibatterica realizzata con biossido di titanio  e annulla l’effetto di possibili sostanze nocive presenti nell’ambiente.

I risultati raggiunti in questo progetto sono un passo avanti nel raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal protocollo di Kyoto per il 2020, ai quali la società ha aderito. In particolare si vogliono diminuire i consumi energetici, aumentare l’uso di fonti rinnovabili e diminuire le emissioni di gas serra del 20%.

Sfida del cubo di ghiaccio: la struttura del padiglione CasaClima

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L’8 Ottobre a Milano si è conclusa la sfida del cubo di ghiaccio promossa da CasaClima Network Lombardia, l’associazione indipendente nata per promuovere i temi dell’edilizia sostenibile. L’evento era già stato presentato nelle settimane precedenti dalla regione dell’Emilia Romagna, riproposto come monito per promuovere la sostenibilità in Italia. La sfida, organizzata con il patrocinio del Comune di Milano, si è tenuta in Piazza Castello, di fronte all’Expo Gate, dove è stato realizzato un manufatto in legno, isolato in sughero.

RIQUALIFICARE L'ESISTENTE: LE RACCOMANDAZIONi CASACLIMA

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LA SFIDA DEL CUBO DI GHIACCIO

Lo studio LCA di Varese si è occupato della messa in opera del piccolo padiglione in legno, il quale ha dovuto ospitare per 14 giorni due cubi di ghiaccio di identico volume, pari ad un metro cubo, e dimensioni, posti all’interno dell’involucro, in due posizioni differenti, per valutare l’efficienza del progetto.

Il primo blocco è stato posizionato nella porzione del padiglione con struttura a legno a vista, perciò direttamente esposto al sole e alle intemperie, mentre il secondo è stato collocato all’interno del guscio isolato con pannelli di sughero.

La risultante è stata evidente allo scadere dei 14 giorni: il primo cubo si è totalmente sciolto dopo appena 72 ore, mentre il secondo ha mantenuto il 96% del suo volume iniziale, per un peso di circa 535 Kg. 

Lo scopo di questa iniziativa è dimostrare quanto un buon isolamento termico riesca a garantire il risparmio energetico ed una temperatura equilibrata per ogni stagione.

LA STRUTTURA DEL PADIGLIONE

L’involucro è stato realizzato disponendo in sequenza dei pannelli trapezoidali in legno, con la base maggiore rivolta verticalmente verso l’esterno, con interasse costante, contrariamente ai traversi orizzontali, disposti liberamente, come controventatura.

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Per il tamponamento delle pareti sono stati utilizzati dei pannelli in legno lamellare, i quali collaborano all’isolamento dell’edificio insieme al rivestimento in sughero, determinante per lo scopo. Questi ultimi sono stati volutamente disposti secondo uno spessore variabile, dando vita ad un ritmo sempre mutevole, che incide principalmente sulla quantità di luce filtrante all’interno.

A rifinire l’involucro ci sono dei quadri in plexiglass sui quali sono state serigrafate le informazioni relative al progetto e alla sfida

Unboxed: prefabbricazione in legno per l'area mediterranea

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Rispondere alle esigenze dell'abitare è una sfida alla quale da sempre gli architetti hanno cercato di rispondere, ma durante i secoli le risposte a questa domanda sono state diverse, dettate probabilmente dal cambiare delle esigenze e dal modo di vivere. La Prefabbricazione unita alla tecnologia del legno si è sviluppata spesso in modo incontrollato riducendo l'architettura a qualcosa di superfluo. È possibile creare un'architettura prefabbricata di qualità che pensi davvero a degli spazi vivibili? Due architetti ci hanno provato con Unboxed, l'abitazione creata per l'area mediterranea.

MODULI PREFABBRICATI PER UFFICI E ABITAZIONI

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UN PROGETTO PER LE CASE DELL'AREA MEDITERRANEA

Micaela Colella e Maurizio Barberio sono gli ideatori di Unboxed, una casa unifamiliare prefabbricata in legno pensata per l'area mediterranea dove questo tipo di case non ha espresso ancora il proprio potenziale. Il progetto, che è stato finalista nel contest "Design the Future" indetto da Marlegno, sfrutta una tecnologia totalmente prefabbricata in grado di essere riutilizzata o riciclata.

unboxed-prefabbricazione-bIl sistema costruttivo si basa su una serie di pannelli base completi di finiture e studiati per abbattere i ponti termici. Il modulo permette di creare quattro tipologie di abitazioni che vanno da una misura minima di 72 ad una massima di 140 mq a seconda delle esigenze abitative. Il blocco della zona giorno è diviso dalla zona notte da uno spazio filtro che svolge la funzione d'ingresso ed area relax; vetrato su entrambi i lati, permette di identificare i due volumi principali e legarli, delineando uno spazio esterno proprio dell'abitazione.

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La zona giorno, essenziale negli spazi, è suddivisa in due ambienti dal blocco cucina, senza interrompere la continuità. La zona pranzo si identifica in uno spazio ben delimitato e funzionale alla convivialità, il soggiorno al contrario si apre con grandi pareti vetrate sull'esterno cercando di ampliare lo spazio della stanza, anche se solo in modo visivo: l'accesso al giardino è vincolato alla sola area dell'ingresso.

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Nella zona notte la camera padronale è dotata di cabina armadio e servizio, nelle due soluzione da 72 e 86 mq, mentre divide la stanza da bagno con le altre camere nelle in quelle più grandi da 100 e 140 mq. Il corpo della camera padronale ampiamente vetrato penalizza la privacy della stanza, ma permette di creare un ambiente molto più vivibile e accogliente, inoltre le schermature che ricoprono due lati e lo sbalzo della copertura garantiscono protezione dal sole limitando l'apporto termico.

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Essenzialità e semplicità sono le caratteristiche principali del progetto Unboxed che riesce a trasformare la praticità in spazi vivibili. Presentandosi come modulo prefabbricato, pronto da essere collocato in qualsiasi luogo dell'area mediterranea, quello che va ancora indagato è il rapporto tra edificio e contesto.

Salvare il portico di San Luca a Bologna con il crowdfunding

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Il portico di San Luca a Bologna esempio di una socialità solidale: raccolti per il restauro 339.743 euro, tramite crowdfunding. Sono 3796 i metri di percorso sinuoso adagiato tra le silenziose colline bolognesi, a volte dimenticato dai tanti visitatori che si accalcano nelle vie del centro storico. Un elemento iconografico importante che ha da sempre delineato lo skyline della città, rendendolo immediatamente riconoscibile già a parecchi chilometri di distanza. 

BOLOGNA: CERVELLATI E IL RESTAURO DELL'EX ORATORIO SAN FILIPPO NERI

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Se siete passati negli ultimi anni per un pellegrinaggio o, più semplicemente, per farvi una passeggiata tra le 658 arcate storiche, vi sarete certamente accorti che il tempo non si è certo fermato, nonostante il sapore antico e pittoresco che il percorso emana. Pesanti e vistose crepe solcano oggi gli archi e i tamponamenti, mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa del monumento.

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IL PROGETTO “UN PASSO PER SAN LUCA”

Ed ecco che il Comitato per il restauro del Portico di San Luca, l’associazione Ginger (Gestione Idee Nuove e Geniali in Emilia Romagna), insieme all’amministrazione comunale, hanno pensato di adottare uno strumento innovativo, in voga in molti paesi europei: il crowdfunding, letteralmente “folla che finanzia”, ovvero la raccolta di denaro tramite il web. Il funzionamento è semplice: chiunque voglia può donare una quantità di denaro, grande o piccola che sia, attraverso un pagamento online. Non importa la provenienza o le motivazioni che spingono le persone a dare un po’ del proprio prezioso denaro, né la quantità: se una formica non può portare sulle sue spalle più di una briciola, non significa che un gruppo di formiche non possano portarne un intero cesto!

In poco più di un anno il progetto “Un passo per San Luca”  ha raggiunto la quota base di 300 mila euro è stata raggiunta e, addirittura, superata l’1 Dicembre grazie al contributo di 7111 persone.

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Certamente si è trattato di un grande esempio di solidarietà verso un pezzo importante della storia di Bologna, in grado di riunire una popolazione tante volte accusata di noncuranza verso i suoi monumenti. San Luca e i suoi portici non sono solo un monumento, ma anche un cammino di mobilità lenta lungo il percorso che riscopre scorci mozzafiato della città, in cui l’automobile viene abbandonata, in favore di un camminata in salita, o, per i più coraggiosi, di una sfida in bicicletta. In 15 minuti di corsa allenata è possibile, dal Meloncello, attraversare questo paesaggio cha varia e piega, rispettando le curve di livello collinari, fino a scorgere la croce in legno che segna l’arrivo alla chiesa di San Luca.

DA NEW YORK A BOLOGNA, POTERE ALLE PERSONE

Lo strumento del crowdfunding è potente, con una storia profonda che va oltre il concetto moderno di applicazione nel mondo web. Si ritiene, infatti, che già nell’800 si siano verificati simili episodi di solidarietà: la rivista “The World” organizzò una raccolta fondi per raccogliere i 150 mila dollari mancanti per costruire il piedistallo e mettere in posa la Statua della Libertà, o gli Irish Loan Fund che raccoglievano credito contro la povertà diffusa del popolo irlandese. E non bisogna andare tanto lontano per scoprire altri esempi sul territorio italiano, perché lo stesso portico di San Luca, iniziato nel 1677, fu portato avanti grazie al contributo della popolazione, che trasportò in un lungo passamano mattone per mattone fin sul Colle della Guardia.

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Ieri come oggi, il restauro e la manutenzione di un bene storico, sociale ed identitario sono forse il più alto esempio di sostenibilità condivisa: il manutenere è il primo passo per la valorizzazione e per l’utilizzo dell’architettura, che è un cammino virtuoso verso la conservazione contro l’usura e la distruzione. E il coinvolgimento della popolazione, anche con un piccolo gesto monetario, è il primo passo verso la responsabilizzazione e la consapevolezza che una società si rispecchia anche nella qualità del suo costruito e nella sua capacità di renderlo sempre attuale e stabile nonostante il passaggio del tempo.

Perché in fondo sostenibilità è anche sostegno e solidarietà.


Il recupero di un antico frantoio: diventa una casa vacanze

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Nel cuore del Salento, a Sogliano Cavour, provincia di Lecce, gli architetti Ludovica e Roberto Palomba hanno realizzato la loro casa per le vacanze. Non si tratta di un edificio costruito ex-novo, mimetizzato nel contesto e inserito in un uliveto, però con le olive ha qualcosa in comune. Il progetto, infatti, consiste nella trasformazione di un antico frantoio del 1600 caratterizzato da alti soffitti con la tradizionale volta a stella e da pavimenti in pietra.

CASE PER VACANZE: UN TEMPO ERA UN RIFUGIO PER PASTORI

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IL RECUPERO DEL VECCHIO FRANTOIO

L’abitazione è parte integrante di un’anonima via ed è accostata alle altre costruzioni che si susseguono. Una volta oltrepassata la porta d’ingresso e percorsi alcuni gradini del vecchio frantoio, un ambiente a cielo aperto accoglie l’ospite e lo catapulta in un altro fantastico mondo: la vita chiassosa della strada, attutita dal muro perimetrale, viene lasciata alle spalle e ci si trova immersi in un labirinto di 400 mq disposti su vari livelli.

caption:© Max Zambelli

La sfida del progetto è stata quella di trasformare un edificio produttivo in una casa: le varie stanze, dalle altezze considerevoli, perché ospitavano i macchinari tecnici, e caratterizzate dagli spessi muri in pietra leccese, si susseguono senza soluzione di continuità. Dove è stato possibile sono state effettuate delle aperture per permettere alla luce di entrare: gli ambienti in origine in penombra si sono mostrati in tutta la loro bellezza rustica e gli arredi inseriti, anche se dalle linee moderne, sembrano essere nati per stare in questi maestosi spazi. Inoltre, tutti i serramenti, interni ed esterni, e alcune lampade in ferro sono stati realizzati dagli artigiani del posto.

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La manodopera locale ha giocato un ruolo fondamentale: sono bastati, infatti, solamente 5 mesi e 5 visite al cantiere per vedere ultimata la trasformazione dell’antico frantoio con cura e attenzione al dettaglio per non tradire l’antica vocazione del luogo.

La canna palustre e la tradizione costruttiva dei casoni rurali

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Le più significative costruzioni in canna palustre consistono di manufatti in materiali vegetali in alcuni casi ancora esistenti nelle zone umide del delta del Po, della Romagna e delle lagune settentrionali del Veneto e del Friuli: i tradizionali casoni. Si tratta di testimonianze fondamentali di una cultura del costruire strettamente legata alle risorse materiali del territorio: il linguaggio dei casoni rappresenta l’espressione di una cultura che concepisce la pratica costruttiva come connessa al proprio ambiente di vita.

L'USO DELLA CANNA PALUSTRE IN EDILIZIA

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L'IMPORTANZA DELLA CANNA PALUSTRE NEI VILLAGGI FLUVIALI

Gli abitanti delle comunità più prossime ai grandi acquitrini e quelli dei pochi villaggi sorti in questi paesaggi così particolari ed insieme avari di risorse, fondavano la loro economia sulle poche attività che la palude poteva offrire. La raccolta della canna e delle erbe palustri erano attività fondamentali e talora esclusive: la raccolta invernale della canna palustre secca alle foci del Po, per esempio, era un’attività che impegnava centinaia di uomini e donne. I fasci di canna secca rappresentavano per le popolazioni il più comune materiale da costruzione per i casoni di valle che spesso erano l’abitazione di guardiani e vallanti. Con il diffondersi della muratura come materiale edilizio e con la sostituzione delle coperture in canne con quelle in tegole tradizionali di terracotta, l’abbandono dell’uso del materiale palustre nei casoni diventa progressivo, fino a diventare pressoché definitivo con le bonifiche del Novecento: è da allora che questi particolari manufatti ad uso abitativo scompaiono del tutto, assieme alle distese di canne e alle paludi stesse, per lasciar posto al paesaggio agrario meccanizzato. Solo qualche esemplare di casone destinato al deposito degli attrezzi è sopravvissuto, ed è grazie allo studio di questi sparuti esemplari che è stato possibile desumere le caratteristiche costruttive dei tipici casoni.

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CANNA PALUSTRE: LE CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DEI CASONI RURALI

Si tratta di organismi a pianta rettangolare e copertura a due falde, più o meno lunghi ma di larghezza e di altezza poco variabili. La struttura portante è in legno secondo le essenze disponibili in loco: montanti verticali e correnti orizzontali e diagonali, e un grande graticciato a sostegno del tetto. Il rivestimento è in canne: l’arte del costruttore consisteva nel raccogliere le canne dagli steli di piccolo diametro perché potessero essere pressate meglio di quelle più grandi al fine di eliminare i vuoti avvolgendo la struttura fino a formare l’involucro dell’organismo costruttivo. I fasci, formati da canne legate insieme mediante fibre vegetali, secondo una tecnica antica soltanto negli ultimi tempi sostituita da legature in corda o filo di ferro, erano spesso posizionati in modo da costituire un sistema non soltanto perfettamente impermeabile ma anche isolante rispetto alle condizioni di temperatura e di umidità esterne. Tali complessi strati di materiale presentavano una buona tenuta al vento e alla neve, spesso erano persino in grado di riparare dall’acqua se posizionati in maniera sfalsata uno rispetto all’altro a formare falde dalla forte inclinazione.

Baraccas: esempi antichi di architettura in canna palustre

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Il Campidano di Oristano, sub-regione della Sardegna Occidentale, è un’area del nostro paese in cui la consuetudine di impiegare materiale vegetale per la costruzione di manufatti da abitare vanta origini antichissime. Purtroppo gli incendi dolosi, le bonifiche integrali e le ordinanze di demolizione per abusivismo edilizio emanate negli anni Ottanta, rivolti indistintamente alle nuove e alle antiche costruzioni, sono all'origine della scomparsa delle baraccas, bellissimi esemplari di “capanne tradizionali in canne e cruccuri”.

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Nella penisola del Sinis fino a non molto tempo fa sorgevano sparuti prototipi di “baraccas”, piccoli ricoveri temporanei utilizzati dai pescatori come deposito di attrezzature e come luoghi di ristoro negli intervalli dal lavoro. Impostate su pianta rettangolare e realizzate con una struttura in legno, queste piccole casette erano rivestite con materiale vegetale: tronchi di ginepro, falasco e sparto erano impiegati a formare le pareti di chiusura dell’involucro e il manto di copertura a due spioventi, in modo che strati di canne palustri sovrapposti a costituire uno spesso “pacchetto” proteggessero l’interno dalle intemperie.

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Le “barraccas” tradizionali erano dei manufatti costruiti da abilissimi artigiani, la cui struttura portante era realizzata con pali di legno sui quali si fissavano i reticoli di canne che servivano da supporto per il successivo rivestimento in falasco (erbe palustri note con il nome di “cruccuri”). Lo spazio interno delle capanne, con un pavimento fatto generalmente di cemento, era suddiviso in una zona giorno destinata alla cucina e agli spazi di ritrovo, e una zona notte, sul retro, con una o due camerette separate da pareti di legno o di canne. Esternamente la maggior parte delle capanne disponeva di un cortiletto sul retro con recinzione in canne, in cui era ubicato un piccolo bagno con pareti in legno. Nella costruzione della casa tradizionale campidanese l’antichissima arte della lavorazione della canna si manifesta nella realizzazione di semplici incannucciati, detti “cannizzada”, impiegati soprattutto in copertura. Quest’ultima era costituita da una struttura in legno rivestita dall’incannucciato, all’estradosso appoggiato alle travi di legno e finito con le tradizionali tegole in terracotta e all’intradosso lasciato a vista in modo che gli intrecci delle canne abbellissero gli ambienti interni.

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L’impiego della canna di palude in questa regione della nostra penisola non è solo da ricondursi ad una tradizione costruttiva strettamente legata alle risorse locali, ma anche alle buone prestazioni termo-igrometriche del materiale che arginava il surriscaldamento in estate e conteneva le dispersioni termiche in inverno conservando il microclima interno.

La cultura costruttiva stratificata nel corso dei secoli in quest’angolo del Bel Paese ha conosciuto nelle “baraccadas” un’espressione sincera di architettura vernacolare, mai del tutto dimenticata dalle popolazioni del posto.

La serra idroponica galleggiante per coltivare low cost

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È tutto italiano il progetto di Jellyfish Barge: una serra idroponica galleggiante per coltivare senza sprecare suolo, acqua ed energia.

In risposta alle previsioni di crescita della popolazione mondiale di oltre dieci miliardi di persone entro i prossimi quarant’anni, arriva Jellyfish Barge, un esperimento innovativo sviluppato e messo a punto da un team di architetti e botanici, capitanato da Antonio Girardi e Cristina Favretto di Studiomobile e dal botanico, professor Stefano Mancuso, fondatori di Pnat, spin-off dell’Università di Firenze..

COLTURA IDROPONICA ANCHE NEI GRATTACIELI. È L'URBAN SKYFARM

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CHE COS’ È L’IDROPONICA?

La tecnica di coltura idroponica permette di coltivare ortaggi e vegetali fuori terra con il continuo riciclo dell’acqua, permettendo un risparmio idrico fino al 70% rispetto alle colture tradizionali.

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Nel caso di Jellyfish Barge, l’acqua dolce è ricavata da sette dissalatori solari posti lungo il perimetro, ideati dallo scienziato ambientale Paolo Franceschetti, che arrivano a produrre fino a 150 litri al giorno di acqua pulita, attraverso il fenomeno naturale della distillazione solare (replicato in piccola scala), utilizzando acqua salmastra, salata o addirittura inquinata.

L’energia per il funzionamento di ventole e pompe è fornita da impianti, integrati nella struttura, che sfruttano le fonti rinnovabili.

Tutta la complessità del sistema è controllata da un impianto di automazione con controllo remoto.

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MATERIALI LOW COST E MODULARITÀ

Da ottobre 2014 un prototipo funzionante è visibile nel Canale Navicelli, fra Pisa e Livorno. Per la sua costruzione, realizzata con il contributo della Regione Toscana e della fondazione Ente Cassa di Risparmio, sono stati utilizzati materiali a basso costo e tecnologie semplici. La serra si presenta come un’unità modulare, realizzata su una piattaforma galleggiante in legno di circa 70 mq, appoggiata su 96 fusti di plastica riciclata e ricoperta da una cupola in vetro a struttura reticolare.

Le dimensioni sono contenute e adatte a sostenere due nuclei familiari, garantendo sicurezza idrica e alimentare senza pesare sulle risorse esistenti. La forma ottagonale del modulo permette di affiancare più unità collegandole tra loro con piattaforme a base quadrata, trasformandosi in mercati e luoghi d’incontro per una piccola comunità sull’acqua.

Design, scienza e biologia unite per trovare soluzioni a questioni sulla sicurezza alimentare, sui cambiamenti climatici e sulle disponibilità delle risorse idriche.

La vecchia tabaccheria della contrada diventa un b&b

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Un edificio, abbandonato definitivamente negli anni ’50 del secolo scorso nella contrada Fumarola nei pressi della città di Ostuni in provincia di Brindisi caratterizzato da spesse mura in pietra bianca e da ambienti voltati, è stato trasformato da vecchia rivendita di Sali e Tabacchi in piccola struttura ricettiva. Lo studio di architettura Flore&Venezia ha curato il progetto di riabilitazione del manufatto nato come casa colonica intorno alla fine del 1800 e che nel corso del tempo aveva subito diversi rimaneggiamenti.

RISTRUTTURAZIONI: CASA TALIA A MODICA

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La ristrutturazione del b&b

Al fine di adeguare gli spazi interni alla nuova destinazione d’uso sono stati eliminati tutti i divisori interni inseriti quando la tabaccheria era in esercizio rispettando il disegno originario del casale da destinare a bed&breakfast e sono stati creati i servizi necessari all’accoglienza e al funzionamento dell'attività. I muri sono stati consolidati e le volte a botte in pietra calcarea locale sono state pulite e messe a vista.

caption:© Oronzo Scalone

caption:© Aldo Flore

L’edificio si sviluppa su due livelli. Al piano terra si trova la struttura ricettiva con una piccola cucina, un soggiorno, quattro camere da letto e tre bagni, mentre al primo piano si trova l’abitazione dei proprietari costituita da una cucina e da due stanze. Si è introdotti al giardino, che abbraccia la casa, attraverso un portico direttamente collegato con il soggiorno che costituisce un ideale prolungamento degli spazi interni verso il paesaggio circostante dominato dalla pineta.

caption:© Aldo Flore

caption:© Aldo Flore

Gli interni sono essenziali e i materiali dominanti sono quelli della tradizione: pietra, legno e calce. Un piccolo camino caratterizza l’angolo cucina e ricorda le abitazioni salentine dove il focolare costituiva e costituisce ancora oggi il cuore pulsante della casa, perché se prima il fuoco serviva per vivere ora serve anche per fare compagnia.

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